L’INTERVISTA

Il virus a casa di Gigi Proietti: “Chiuso in casa con le galline. E questo governo è il meglio”

Gigi Proietti - “Rispetto tutte le regole, ma quando sento dire ‘non bisogna allarmarsi’, è il momento in cui mi preoccupo”

14 Marzo 2020

Pronto, Proietti le va di fare due chiacchiere? “Voglio vedere se riusciamo a non drammatizzare una situazione che è già drammaticissima”.

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Intanto ha tolto dalla naftalina antiche tradizioni: “Abbiamo comprato tre galline, due delle quali ci danno l’ovetto fresco”.Le galline hanno un giorno di riposo a settimana. “E c’è un problema: lo producono lo stesso giorno, sarebbe meglio si alternassero”. Non scherza, ma sorride, con il sorriso alla Gigi Proietti, un po’ rauco, profondo, sedimentato, di chi non intende cedere alla malinconia, però consapevole e co-protagonista della difficoltà generale.

Non esce per le uova…

Voglio rispettare fino in fondo le disposizioni del Governo e della sanità. E poi la sto prendendo come una forma di riposo dopo un periodo di lavoro faticoso; comunque una frase generale di questo periodo è: “Riusciremo a tornare alle abitudini di prima? alla normalità?”.

Risposta?

La normalità è la cosa più mutevole della storia, bisognerà vedere cosa sarà essere normali.

I messaggi sono allarmanti.

Quando sento dire “non bisogna allarmarsi”, è il momento in cui mi preoccupo.

Nascondono il panico.

E poi insistono, si lamentano: “Vi rendete conto? i cinema e i teatri chiusi!”. Ma di cosa si scandalizzano? La gente dell’establishment è difficile vederla seduta in platea. E per quanto riguarda i cinema, a Roma, negli ultimi anni ne hanno serrati 46 e nessuno di loro si è scandalizzato.

È una lettura della situazione inedita.

Sarà pure inedita, ma è la realtà. E oggi anche il clima che stiamo vivendo è inedito e non mi dispiace, e non solo a me, come si sta muovendo il Governo; (ci pensa) intanto a Codogno la situazione è migliorata e speriamo continui.

L’Informazione?

Si avverte una frenesia illogica nel voler comunicare qualunque battito di ciglia: sul cellulare mi arrivano, da varie fonti e ogni due minuti, delle “news”: ammalati, positivi, morti e guariti. Contagiati.

È il conteggio.

Qualcosa non torna: se tutti i morti fossero per il virus, sarebbe una percentuale impressionante.

Invece?

Dopo aver comunicato il numero di morti, aggiungono una postilla che in realtà è fondamentale: nello stesso conteggio ci sono i deceduti per il virus e quelli con il virus, e questi ultimi andrebbero inseriti in un altro filone.

E se Salvini fosse stato a Capo dell’Esecutivo?

(Silenzio. Cambia tono. Abbassa ulteriormente la voce e scandisce le parole). È difficile trovare qualcuno meglio di questo Governo, non vedo all’orizzonte un’alternativa all’operato di Conte e dei ministri, ma qualche errore era quasi inevitabile: ci siamo trovati davanti a qualcosa di sconosciuto e grave.

Il Coronavirus come il “Cavaliere nero”…

Qui tocca comportarsi al contrario: uno gli deve rompe er ca’…

Consigli per la lettura.

Il Don Chisciotte e Moby Dick: ogni dieci anni li riprendo in mano.

Film.

Tutto Hitchcock e tutto Billy Wilder, poi certi capolavori della commedia all’italiana, magari il grande De Sica.

E poi…

La banda degli onesti: per un attore i tempi di recitazione di quei film sono pazzeschi, sono una scuola; ah, mi divertono le vecchie pellicole tipo Maciste. Sono una goduria. Da ragazzo non mi perdevo nessuno dei forzuti.

Si andava al cinema…

Un pomeriggio mi ritrovo con un amico. “Che famo?”. “C’è Maciste”. “Gajardo, ‘ndove?” “Al Giulio Cesere”. “Va bene, ma sediamoci nella prima fila della galleria, così appoggiamo li piedi”.

Perfetto.

Questa inciviltà era normale. A un certo punto, mentre Maciste sta per spezzare le catene, palesemente di polistirolo, sento uno alle spalle che inizia a tifare: “Daje… ‘nnamo… sbrighete”. Ci giriamo e scopriamo che in tutta la galleria c’era solo lui. Al momento finale si alza in piedi e applaude. Serio. (Rumori in sottofondo, pentole).

Prepara l’uovo?

Anni fa avevamo delle galline molto belle, intoccabili, le mie figlie le adoravano, e a ognuna era stato assegnato un nome e cognome.

Guai al brodo.

Appunto: un anno andiamo in vacanza, e dopo qualche giorno, a Ferragosto, mi chiama il signore che ogni tanto andava a controllare casa e giardino.

E insomma…

Alzo la cornetta: “Signor Proietti è successa una disgrazia”. “Cosa?”. “Ha presente quella gallina bella grossa, nera”. “Embè?”. “Ha inciampato. È morta”.

Morta, così?

“Ha inciampato, è morta” è una delle battute più belle, da teatro dell’assurdo, una fake news esilarante, fatto salvo il dolore per l’animale. Poi il signore aggiunge: “Che ce devo fa?”.

Risposta?

Bisogna spiegare che a Roma il piatto di Ferragosto è il pollo con i peperoni. “Che ce deve fa? Se la porti via”. (Diventa serio) Ho scritto una cosa…

Prego.

Roma vista così, dice qualcuno è spettrale. E io rispondo no, è bella. Molti non l’avevano mai vista deserta, magari perché troppo giovani, e adesso la guardano con stupore. Qualcuno dirà: “Ma non me l’aspettavo, non me ne ero accorto”. Un tempo se vedeva così vuota per metà agosto, perché non c’erano le ferie a scaglioni, e molti restavano in vacanza un mese; poi qualcuno ha cominciato a passarle a Roma, proprio per godersi la città più bella del mondo. Ed è capitato pure a me. Certo i motivi oggi sono dolorosi, e diversi da allora, e Roma sembra dire, per consolarci: “Ho visto de peggio, nei secoli”. Roma è madre. E allora Milano che dè? “Boh, sarà zio. Suona bene: zimilano”. Siamo veramente tutti lombardi. In questo momento siamo tutti milanesi.

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