L’ubiquo - Uno scienziato in Rete - Il ritratto

Il fenomeno Burioni estingue il Corona un tweet alla volta

Sempre in tv, si vanta di aver capito il virus prima di tutti E infatti assicurava: “In Italia non circola, il rischio è zero”

27 Febbraio 2020

Eccolo lì, lo riconosceremmo da chilometri, splendente, adamantino, aurorale: è il paradigma di Arbasino, quello per il quale in Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di “bella promessa” a quella di “solito stronzo” perché soltanto a pochi fortunati l’età concede di accedere alla dignità di “venerato maestro”. Niente è scritto, e forse proprio adesso, con l’epidemia in corso, è quel momento stregato in cui Roberto Burioni, Professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, può scegliere la seconda strada e avviarsi verso la gloria, confutando l’eccezionale potenza euristica di una legge che Edmondo Berselli, in Venerati maestri (sottotitolo: Operetta immorale sugli intelligenti d’Italia), decretava “infallibile”.

Burioni, già veemente portavoce della Scienza sui social, ai tempi del coronavirus ha sfondato il diaframma della Tv generalista e adesso è dappertutto, a tutte le ore: da Fazio, su Rai2, su Rai1, su La7, al Corriere Tv, a Circo Massimo, oltre che su Twitter e sul suo blog, a infondere Scienza al popolo con pochi semplici concetti: “Lavatevi le mani. Spesso, anzi spessissimo. Va bene il sapone comune, non serve quello antibatterico”. È il Fleming dello zapping; il Padre Pio della bilocazione igienico-televisiva; il Dulbecco del collegamento, tanto che la televisione pubblica, anche per ragioni di economia mentale di parlante e destinatari, potrebbe trasmettere un messaggio di Burioni alla Nazione a reti unificate, tipo Juan Domingo Perón dell’Amuchina.

Ieri, in piena pioggia gratificazionale, Burioni ha retwittato un articolo che Science gli ha dedicato il 2 gennaio, dove lo si chiama media star con la “chioma brizzolata, le sopracciglia a punta e il sorriso ironico” e si ricorda che Burioni è passato dall’essere un “avvocato della scienza” dopo aver combattuto nel 2016 in un talk show contro due temibili NoVax: il dj Red Ronnie e la presentatrice Eleonora Brigliadori.

È questo il punto: Burioni ha studiato; è laureato; è competente; è uno scienziato. Nessuna persona sana di mente si sognerebbe di affidare il proprio bambino a un diplomato all’istituto alberghiero convinto che i vaccini causino l’autismo invece che a Burioni; eppure, per qualche strana alchimia socialara, a un certo punto la questione è diventata se di virologia ne sapesse di più Burioni (dottore di ricerca in Microbiologia a Ginevra etc.) o un troll dei social, con Burioni che più dava dei “somari” a carburatoristi di Rimini, estetiste della Magliana, tatuatori di Vicovaro e tolettatori di cani del viterbese, più diventava famoso e creava tifoserie opposte intorno alla non-questione, foriera di liti e insulti da querela, sollevata dall’apoftegma burioniano per antonomasia: “La Scienza non è democratica”.

Famoso vuol dire fagocitabile da Renzi: che lo voleva candidare, forse affascinato di aver trovato uno più indisponente di lui. E se sui vaccini Burioni è con la comunità scientifica (e ci mancherebbe!), sembra un contrappasso ironico che in tema Coronavirus Burioni sia più d’accordo con gli utenti comuni che con gli scienziati, alcuni dei quali non disdegna di “blastare” per insufficiente contezza della pericolosità del morbo, come la virologa Maria Rita Gismondo, chiamata “la signora del Sacco”, come facesse la portantina, colpevole di aver declassato la peste da Covid-19 a infezione appena più seria di un’influenza, alla quale ha consigliato di “riposarsi” (magari twittando un po’, invece di isolare virus e fare tamponi dalla mattina alla sera).

Un’onorata carriera di titoli prestigiosi ribaditi su Twitter a utenti scuolesenti con pervicacia ossessiva: “Prima si prende una laurea in medicina, poi una specializzazione in immunologia, poi un dottorato in virologia molecolare, poi viene a dirmi cosa devo ritrattare nella materia che studio da 35 anni”. Citiamo a memoria, un po’ intimoriti di incorrere nell’accusa di scrivere “menzogne”, come quella volta che raccontammo scherzosamente il siparietto comico tra il Professore e Renzi – che lo invitò alla Leopolda convinto che la comunità scientifica internazionale voterebbe Renzi – e dicemmo sbagliando che aveva “letto” dei tweet di utenti NoVax mentre invece li aveva recitati a memoria (il Prof. poi si dispiacque, in privato, di averci aizzato contro i fan, ma intanto: auguri di malattie mortali, parti bicefali, cancrene e lutti per famigliari decimati dal morbillo, da parte di quelli che amano la razionalità e la civiltà dell’immunologia). Ora, l’epidemia accelera il momento Arbasino, che in condizioni normali si verifica al ralenti. E poteva mancare Renzi, che col suo culto del Superuomo, o forse solo del Superman, vorrebbe fare di Burioni il Virologo d’Italia, legibus solutus, chiaramente in chiave anti-Conte e anti-governativa, con Luciano Nobili di Italia Viva che lo propone come una specie di Super Commissario di Salute pubblica, scavalcando l’Oms e l’Iss, per investitura twitterina: “Cosa aspetta il governo Conte ad affidare a @RobertoBurioni, l’unico che aveva previsto la situazione e aveva indicato le misure da adottare, la gestione commissariale della task force che sta fronteggiando l’emergenza coronavirus?”. Burioni, che aveva consigliato la quarantena per chi veniva dalla Cina, ha ringraziato con modestia: “Penso di essere più utile al Paese continuando a fare il mio lavoro”. Che stando a Renzi sembrerebbe quello del profeta, o dello scommettitore di partite: “Roberto Burioni non ha sbagliato un colpo”, infatti Burioni aveva detto: “In Italia il rischio è zero. Il virus non circola”, virus che al momento ha fatto 378 contagi. Ecco, se c’è una cosa che possiamo consigliare a Burioni, che ha un libro in arrivo proprio sul Coronavirus (tu guarda il caso), è di scappare a gambe levate dai social e da Renzi, espertissimo non di virologia, ma della già citata parabola da “brillante promessa” a “solito stronzo” (ma poi sai che onore: essere usato nel name dropping per farsi bello con gli sceicchi e i petromilionari nelle ski-trip in Pakistan: “Quello che ha sconfitto il Coronavirus l’ho inventato io”).

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