Renzi e Salvini, pugili suonati dai colpi di pochette di Conte

16 Febbraio 2020

“Il governo finisce qui, Salvini ha seguito interessi personali e di partito”.

Giuseppe Conte, 20 agosto 2019

“È surreale e paradossale che il maggior partito d’opposizione sia nella maggioranza. Credo che su questo Italia Viva debba dare un chiarimento, non al sottoscritto ma agli italiani”.

Giuseppe Conte, 13 febbraio 2020

A proposito dell’espressione pugile suonato, tempo fa chiesi per gioco a un esperto di boxe a quale match del passato assomigliasse lo scambio di colpi tra il premier e Matteo Salvini, avvenuto lo scorso agosto nell’aula del Senato. Mike Tyson contro Buster Douglas, rispose senza esitazione e spiegò perché. L’11 febbraio 1990, a Tokyo, l’allora imbattuto ed esplosivo campione dei pesi massimi Tyson perse per la prima volta in carriera per ko, contro un avversario ampiamente dato per sfavorito, il semisconosciuto outsider James “Buster” Douglas. Il match è generalmente considerato una delle più grandi sorprese nella storia dello sport. In una scena poi diventata celebre, Tyson crolla nell’angolo e poi si mette carponi sulle ginocchia per raccogliere da terra il paradenti che gli era saltato via, prima di rialzarsi faticosamente aiutandosi con le corde del ring.

Alla medesima domanda, in seguito allo scontro di questi giorni tra Conte e Matteo Renzi, mi è stato risposto: non saprei dire visto che sono rarissimi i casi conosciuti nei quali un pugile riprende la strada dello spogliatoio appena salito sul quadrato. Diciamo subito che dopo quella incredibile vittoria, la carriera di Douglas andò a rotoli (a Tyson andò anche peggio), ragion per cui non insisteremo con l’azzardato paragone se non per qualche considerazione sul pugile, pardon, sul premier più sottovalutato della storia recente. Che sarà pure il trasformista, voltagabbana, poltronista, banderuola eccetera che gli avversari dipingono. Indotti, tuttavia, a spargere tanto veleno più per la rabbia di continuare a vederselo, malgrado tutto, assiso al piano nobile di palazzo Chigi che per supposte ragioni di etica politica.

Mettiamoci per un attimo nei panni di Salvini (sia pure protetti da scafandro e spessa tuta antivirale) quando, petto in fuori e pancia pure, convinto di marciare trionfalmente su Roma finì per essere pubblicamente menato nell’aula di palazzo Madama da un avvocato pugliese provvisto di pochette e perfidia tribunizia. Non se l’aspettava proprio, e neppure noi: risulta infatti che il Tyson del Papeete non si sia ancora ripreso.

Con Renzi, al momento, gli è bastato alzare un po’ la voce anche se il bullo fiorentino continuerà disperatamente a molestarlo per dimostrare la sua esistenza in vita. Che Giuseppe Conte non sia un Alcide De Gasperi siamo convinti che sia lui il primo a saperlo. Ma, con tutti i suoi limiti, può essere la dimostrazione di come con la semplice arma del parlare chiaro, del male non fare paura non avere, si possano mettere in fuga i capitan Fracassa da Luna park.

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