L’appello

Siria, la passione italiana di armare Ankara: “In 4 anni autorizzati 890 milioni di euro di forniture”

Rete disarmo - “Nel 2018 concesse 360 milioni di licenze di esportazione”

10 Ottobre 2019

Le notizie di guerra dal confine turco-siriano non si sono fatte attendere, e nemmeno la conferma da parte del presidente Edogan: l’esercito turco ha intrapreso le attività militari nel nord della Siria. Anche per la Rete Italiana per il disarmo – martedì si era rivolta ai parlamentari italiani la comandante curda Dalbr Issa – è l’Italia a potere e dovere intervenire “per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile”. La Rid ha chiesto formalmente al ministro degli Esteri Luigi Di Maio “che vengano sospese con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato”.

La Turchia, da anni, compare nell’elenco dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana, e le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129, di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. “Negli ultimi quattro anni l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro” ha sottolineato il coordinatore Francesco Vignarca. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Le cifre si traducono in: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software.

Giorgio Beretta, analista sull’export di armi per la Rid, condanna l’incoerenza degli atteggiamenti italiani sulla questione siriana: “Non è accettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l’impegno delle popolazioni curde di contrasto all’Isis, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi. È giunto il momento che anche il Parlamento faccia sentire la propria voce”.

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