Il caso Stm

Corriere della Sera, il vicedirettore Fubini cancellato dall’Ordine salda (dopo 14 anni)

Giornalisti - Il vicedirettore del Corriere è stato sanzionato nel 2005 per morosità. Poi non ha mai pagato: fino a ieri

10 Luglio 2019

“Sarà l’autorità giudiziaria a dover stabilire se c’è stata o meno una violazione dell’obbligo di iscrizione all’Ordine e, quindi, l’esercizio abusivo della professione”. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, non ha esitazioni. Eppure il caso è spinoso: l’inviato speciale e vicedirettore ad personam del Corriere della Sera, Federico Fubini, ha lavorato con un contratto giornalistico per quasi 14 anni senza risultare iscritto all’Ordine: era stato cancellato a novembre del 2005, per morosità.

L’autorevole firma – il quotidiano milanese lo ha riportato a casa, strappandolo a Repubblica, pochi anni fa – ha all’attivo pubblicazioni di altissimo livello, e la nomina all’interno del panel di 39 esperti internazionali che Bruxelles aveva radunato a gennaio 2018 per combattere le fake news diffuse online, in vista delle elezioni europee.

Interpellato in merito dal Fatto Quotidiano, Fubini ha spiegato di essere stato “distratto”, e di essere venuto a conoscenza della cosa solo ieri. A suo dire, non sarebbe stato raggiunto dalle notifiche che pure – fanno sapere dall’Ordine regionale – sono state eseguite correttamente in quadruplice copia (destinatario, Inpgi, Casagit e Procura della Repubblica).

Il vicedirettore del primo quotidiano nazionale aggiunge di aver sanato la posizione giusto ieri, giorno in cui afferma di aver saputo per la prima volta dell’esistenza del problema. Esibisce copia dell’ordine di bonifico di 2.500 euro (tra arretrati e morosità) che riporta, come data di esecuzione quella del 10 luglio (oggi per chi legge, ndr), e una email inviata alla segretaria dell’Ordine regionale qualche ora prima di essere raggiunto dalla nostra telefonata. “La sua storia quindi non esiste”, conclude minacciando querele.

Da un punto di vista amministrativo, effettivamente tutto è “perdonato”, come conviene lo stesso Verna, pur confermando che resta il nodo dei 14 anni di esercizio della professione (dal 2005 al 2019), senza essere iscritto all’Ordine professionale. Complicando ulteriormente una vicenda che aveva già dell’incredibile, e che è venuta a galla nei giorni scorsi, quando un avvocato aveva scritto all’Ordine nazionale chiedendo conto proprio dell’iscrizione all’albo dei professionisti di Fubini (nel 2002).

Era quindi emerso così che, tre anni dopo l’iscrizione, Fubini nel 2005 veniva cancellato dall’albo per il mancato versamento dei contributi, continuando a esercitare la professione con un contratto giornalistico, con tanto di contributi versati all’ente pensionistico della categoria, l’Inpgi, e al fondo sanitario Casagit. “Credo che si potrebbe configurare, ma ovviamente andrebbe verificato, una sorta di esercizio abusivo della professione. Siamo nell’ambito di un rapporto di lavoro strutturato di carattere giornalistico che è andato avanti per tanti anni”, ha commentato Verna, interpellato in merito dal Fatto Quotidiano. “Spero che anche per lui ci sia stata la non conoscenza del provvedimento, spero che non abbia saputo di essere stato cancellato per morosità. Certamente lui per 14 anni non si è mai posto il problema di andare a pagare le quote dell’Ordine”, aveva aggiunto Verna prima di ricevere la notizia dell’avvenuto “ravvedimento”, precisando ancora che “non è assolutamente possibile che un non iscritto all’albo abbia un rapporto di lavoro in base al contratto giornalistico”. Nei confronti di un non iscritto, peraltro, l’Ordine non può nemmeno eseguire un’azione disciplinare.

Va detto che gli iscritti che sono stati cancellati per morosità “si possono re-iscrivere in qualunque momento, e meraviglia che non lui l’abbia ancora fatto”. Ora l’ha fatto. Su Twitter, nella tarda serata di ieri, Fubini scrive: “Il Fatto torna ad attaccarmi, con metodi e obiettivi degni di altri tempi e altri Paesi. Non faranno di me quello che vogliono, un personaggio politico da schierare e attaccare. Non lo sono. Per certa gente provo vergogna e basta”.

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