Il ceto medio non teme più l’estremismo e salta sul Carroccio salviniano

29 Maggio 2019

Ultim’ora: tutti i tentativi di vedere il bicchiere mezzo pieno stanno fallendo. Cioè: non è mezzo pieno o mezzo vuoto, è che qualcuno si è proprio fregato il bicchiere con tutta la bottiglia. Nonostante questo, c’è chi ci prova: Renzi esulta per Nardella a Firenze (premio di consolazione), il Pd esulta per la tenuta di qualche roccaforte, la sora Meloni mai così in alto che non ci credeva nemmeno lei, gli altri non pervenuti, col povero Silvio a tenere insieme quel che resta di passate grandezze e i 5Stelle tramortiti dalla batosta. È tutto, vostro onore, se si aggiunge che la sinistra a sinistra non esiste, che la signora Bonino è l’eterna promessa che non mantiene mai, e che incombe su ogni cosa un possibile (sulla carta) governo di destra-destra che verrà usato come bastone se i 5Stelle non mangiano la carota. Poteva andare peggio? No.

Si conferma che il voto è mobile, un po’ ondivago, un po’ isterico e, come si dice oggi, liquido, e che solo Salvini aveva un contenitore per mettercelo, una bella tanica capiente dove piazzare tutte le scontentezze, dove sistemare tutto e il contrario di tutto, dal ceto medio spaventato, alle fasce più disagiate a cui si sono sapientemente (e con molte complicità) indicati gli ultimi come nemici. La vituperata propaganda ha vinto, insomma, e questo mette in crisi le propagande degli altri: non ne avevano una all’altezza, la retorica “popolo contro élite” non bastava più, e quella dei “competenti” peggio che andar di notte.

Ma c’è un altro attore che prende la scena delle europee salviniane, ed è il famoso ceto medio di cui un bel giorno toccherà seriamente definire i parametri. Ora che le hanno date e prese, tutti corrono a inseguirlo, blandirlo, parlargli con parole suadenti. Si allargano renzisti e calendisti, dicendo che serve un partito di centro che poi si alleerà con il Pd. Una strana equazione, perché si tratterebbe di uscire dal Pd (sottraendogli voti) per creare una formazione politica che poi si alleerà col Pd. Mah.

Va detto che la strategia zingarettiana dell’opossum (fingersi morti, lasciar passare la tempesta senza segnare all’avversario, ma almeno evitando gli autogol) ha garantito l’esistenza in vita, che è già qualcosa dopo i disastri renziani, ma se si vanno a vedere i voti assoluti c’è ancora un calo. Insomma, per il bicchiere mezzo pieno bisogna essere strabici forti.

Quanto a Silvio buonanima, anche lui batte sul tasto del ceto medio, e anche lui porta a casa la sua sconfittona sonante, dopo che la ricomparsa della mummia aveva fatto sperare nella soglia del dieci per cento. Altra sirena (stonata da tempo) che il ceto medio non ha ascoltato, e dunque si fa pressante la domanda: ma ’sto famoso ceto medio, che un tempo si chiamava borghesia, dove guarda? A leggere i dati si direbbe che si sia riversato tutto su Salvini, il che pone qualche dubbio sulle analisi correnti. Si è sempre ragionato, infatti, su un ceto medio moderato, impaurito dai toni forti, dagli estremismi, voglioso di rifugiarsi in schieramenti che tranquillizzano, che sopiscono le pulsioni più agguerrite. E invece eccolo, il buono e bravo ceto medio della nazione, saltare sul carro salviniano, forse nella speranza di avere veramente una flat tax, forse incantato da quell’essere “potenza” che la propaganda ha spinto fino all’eccesso (a volte fino al ridicolo, con tanto di santi e madonne).

Ora si dice che la differenza non è solo quella. C’è il divario tra città e provincia, la frontiera delle speranze deluse, la fuga dai 5Stelle, passato in pochi mesi da movimento di protesta a establishment. Tutto vero. Ma il dato rimane: anziché esserne spaventata, la piccola e media borghesia italiana si è riversata su Salvini. Non è l’estremismo a farle paura, ma di non essere rappresentata e così sceglie il vincitore, chiunque sia, persino Salvini.

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