Concordato beffa

Prosciutti Ferrarini, il salvataggio della vice presidente di Confindustria lo pagheranno i creditori

Schiacciato da 300 milioni di debiti, la sopravvivenza dell’ex impero dei re del prosciutto passa per i 200 milioni che sborseranno banche e obbligazionisti. Tra Pop Vicenza e Veneto Banca erano stati accesi prestiti oggi finiti come incagli in pancia alla Sga pubblica

3 Aprile 2019

Costerà caro il salvataggio dell’ex impero dei Ferrarini, i “re” del prosciutto, dopo che nei giorni scorsi il Tribunale di Reggio Emilia ha dato via libera ai concordati sia di Ferrarini Spa che di Vismara, chiesti nell’estate scorsa con il gruppo presieduto dalla vice-presidente di Confindustria, Lisa Ferrarini, schiacciato da oltre 300 milioni di debiti. E il conto salato, per oltre 200 milioni, per la sopravvivenza del gruppo alimentare lo pagheranno le banche, i fornitori e gli obbligazionisti. Saranno loro infatti a staccare l’assegno più consistente per non far fallire le società. Un concordato che sa di beffa quindi per chi nel tempo ha prestato denaro alla famiglia. Del passivo totale di 251 milioni in capo a Ferrarini solo i creditori privilegiati e quelli pignoratizi otterranno (sulla carta) il 100% dei loro crediti, per gli altri i chirografari e anche banche, fornitori, i sottoscrittori di bond per 35 milioni e la società pubblica Simest, il sacrificio sarà di oltre l’80% dei prestiti e tra l’altro non prima di tre anni. Il piano prevede infatti un rimborso complessivo di soli 85 milioni su 251 milioni di esposizione.

Stesso copione per Vismara, l’altra società dei Ferrarini che prevede solo 38 milioni di rimborsi su 105 milioni di passivo. Tutto ovviamente solo scritto sulla carta, occorrerà vedere nella realtà se il piano di rilancio avrà successo e soprattutto se la “nuova” Ferrarini e la “nuova” Vismara torneranno a produrre flussi di cassa. Per Ferrarini il cavaliere bianco è il gruppo Pini di Grosotto, il re della bresaola che metterà a disposizione 10 milioni per l’aumento di capitale divenendo l’azionista di maggioranza con l’80% delle quote. Pini promette di ripristinare il magazzino e investire per un nuovo stabilimento. Ma il capostipite Piero Pini è incappato, proprio a ridosso dell’omologa del Tribunale, in guai giudiziari in Ungheria. La stampa locale parla di un arresto dell’imprenditore a capo della Hungary Meat, il grande macello nei pressi di Budapest fiore all’occhiello del gruppo Pini. L’arresto pare legato a un giro di false fatturazioni. Piero Pini aveva già avuto guai giudiziari in Polonia (altro paese dove opera il gruppo valtellinese) dove venne arrestato e poi rilasciato nel 2016. Incidente di percorso nel nuovo riassetto. Per Vismara il salvatore ha il volto di Amadori che inietterà risorse fresche nella società di Casatenovo.

Fin qui la cronaca del crac evitato per un pelo del gruppo Ferrarini. Oltre al pesante sacrificio imposto a banche e fornitori restano sullo sfondo molte ombre sul repentino inabissarsi delle società della famiglia Ferrarini. Tra il 2016 e il 2017 c’è un vero e proprio tracollo dei conti. Solo a febbraio di quest’anno Ferrarini divulga i numeri del 2017 che vedono una perdita “monstre” di ben 156 milioni con un patrimonio netto negativo per 108 milioni, che salirà a 123 milioni a luglio del 2018. Quindi con la società in uno stato di insolvenza ben prima della richiesta del rifugio nel concordato. Anche per Vismara ecco il tracollo: solo nel 2017 perde 60 milioni e si ritrova con un buco patrimoniale di oltre 40 milioni. Stesso copione che impone qualche domanda. Cosa accade tra il 2016 e il 2017 per assistere a un’insolvenza così rapida di ambedue le società dei Ferrarini?

Le anomalie nei conti
Le relazioni dei periti di parte allegate al concordato pongono in luce una serie di ombre. Per Ferrarini, ad esempio, scompare tra il 2016 e il 2017 una disponibilità liquida di 17,8 milioni su un conto Veneto Banca; ci sono svalutazioni per oltre 41 milioni post-scissione della Ferrarini in Società agricola Ferrarini, la good company della famiglia scorporata nel 2016 per mettere al sicuro le attività immobiliari e agricole da quelle industriali. Ironia della sorte anche la Società agricola Ferrarini che aveva sulla carta patrimonio per oltre 120 milioni finisce anch’essa in concordato nell’ottobre del 2018. E ancora viene del tutto svalutata per 15 milioni la partecipazione in Vismara conferita dalla lussemburghese di famiglia la Agri Food Investments alla stessa Ferrarini solo un anno prima. Anche sui conti di Vismara la lente dei periti trova anomalie: Vismara svaluta integralmente per 26 milioni nel 2017 crediti verso la Agri Food Inv non visibili nei bilanci precedenti. Sono solo alcune delle anomalie contabili segnalate: imponenti svalutazioni di crediti per oltre 60 milioni da un anno con l’altro. Così come c’è il ruolo delle tre holding lussemburghesi (Elle Effe sa; Afri Food e Agri Food Investments) in cima all’impero pesantemente indebitate e in cui ci sono fitti rapporti di credito/debito con le società industriali controllate. Solo la Agri Food ha nel 2017 debiti verso Vismara e altre società dei Ferrarini per 80 milioni

Il rimborso da 16 milioni di Veneto Banca un mese prima della liquidazione
E a complicare ancora di più il quadro c’è quella transazione tra Veneto Banca e i Ferrarini sottoscritta a maggio del 2017, un mese prima della liquidazione della banca, in cui i Ferrarini ottengono un rimborso di 16 milioni sulle operazioni baciate. Sedici milioni che abbassano l’esposizione verso la banca. Che è uno dei motivi delle difficoltà finanziarie dell’ex impero. Aver contratto troppo debito proprio con Veneto Banca e la Popolare di Vicenza con in cambio l’acquisto di azioni oggi azzerate. Tra Vicenza e Veneto Banca si contano un’ottantina di milioni cui facevano fronte però altrettanti prestiti oggi finiti come incagli in pancia alla Sga pubblica. Un altro sacrificio indigesto che oggi paga la collettività.

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