Diritti&lavoro

Ilva, vanno all’Anac le carte sulla vendita. “Possibili anomalie”

La mossa - Dopo la lettera di Emiliano, il ministro Di Maio ha chiesto di indagare sulla procedura di cessione a Mittal. Sindacati in allarme

12 Luglio 2018

La mossa è destinata a risolvere in un modo o nell’altro lo stallo nella vendita dell’Ilva. Ieri il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio ha chiesto all’Autorità anticorruzione di indagare sulla gara che a marzo 2017 si è chiusa con l’aggiudicazione del siderurgico – in amministrazione controllata – a Am Investco, cordata formata dal colosso dell’acciaio ArcelorMittal e dall’italiana Marcegaglia. Di Maio ha così dato seguito alla lettera inviatagli martedì dal governatore pugliese Michele Emiliano che segnalava “zone d’ombra” nella procedura che ha visto sconfitta Acciaitalia, guidata dal colosso indiano Jindal e dalla pubblica Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Nella sua lettera di quattro pagine, più un corposo numero di allegati, indirizzata a Raffaele Cantone, Di Maio ripercorre l’intera vicenda segnalando diverse “possibili anomalie” e chiedendo un giudizio tecnico giuridico. L’Anac avvierà uno studio preliminare per vedere se ci sono spazi di intervento.

È l’ultimo dito nella piaga di una vicenda in cui il governo italiano, rappresentato dalla Cdp, è riuscito a perdere una gara indetta dal governo italiano.

Emiliano ha chiesto a Di Maio di disporre “opportune verifiche”. Secondo il governatore, dall’esame degli atti “non emerge quali siano stati i criteri (predeterminati) di aggiudicazione del contratto”, tenuto conto che l’accesso al piano industriale di Mittal “a tutt’oggi non è stato concesso”. La “preferenza” accordatagli “appare incongrua” perché basata, secondo Emiliano, “solo sull’offerta economica”: 1,8 miliardi offerti da Mittal contro gli 1,2 miliardi di Acciaitalia. In compenso il piano ambientale della seconda, da eseguire entro il 2021, conteneva l’impegno ad avviare produzioni a minor impatto ambientale (gli altiforni elettrici per colare acciaio senza bruciare carbone) non previsti da quello di Am Investco, le cui scadenze per gli interventi ambientali sono state spostate al 2023.

Le “zone d’ombra” segnalate da Emiliano non si discostano molto dalle “possibili anomalie” individuate dal ministero di Di Maio. Nei giorni scorsi Lucia Morselli, ad di Acciaitalia indicata dalla Cdp ha spiegato a Repubblica di non aver ancora capito in base a quali criteri Ilva è finita ai rivali, visto che il prezzo proposto pesava per la metà del punteggio e le valutazioni tecniche avevano promosso il piano industriale di Acciaitalia e giudicato “incoerente su investimenti e volumi di produzione” quello di Mittal-Marcegaglia. A complicare il quadro c’è poi che l’Antitrust Ue ha imposto l’uscita di scena di Marcegaglia per evitare violazioni della concorrenza. Per uno strano giro finanziario, la sua quota dovrebbe essere rilevata da Intesa Sanpaolo (grande creditrice di Marcegaglia) e dalla stessa Cdp, come chiesto dal governo Gentiloni.

La mossa di Emiliano ha spaventato i sindacati che temono un nuovo stallo nella trattativa con Mittal, arenatasi già sui 4 mila esuberi (su 14 mila operai totali) chiesti dal colosso. Per Rocco Palombella della Uil “l’unico risultato che può ottenere Emiliano è quello di allontanare Mittal”. Al ministero dello Sviluppo sono invece convinti che un simile rischio non ci sia. Certo è che aprire il fronte Anac metterà un’ulteriore pressione su Mittal. Per Di Maio l’azienda deve proporre soluzioni migliori sia sugli esuberi (i sindacati non ne vogliono sentir parlare) sia sul piano ambientale. L’obiettivo è spingerla a impegnarsi formalmente in direzione della decarbonizzazione degli impianti tarantini e accelerare sul completamento delle prescrizioni ambientali. Per farlo, però, va modificato il decreto che a settembre scorso ha autorizzato il piano ambientale (impugnato da Emiliano al Tar). Servono poi “garanzie – ha spiegato ieri il vicepremier – che il piano industriale sia veramente attuabile e credibile”, visto che all’aumentare della produzione salgono anche gli esuberi. Finora Mittal non ha fatto aperture, pur manifestando la volontà di voler concludere in tempi brevi, entro luglio. Gli eventi delle ultime ore potranno imprimere l’accelerazione definitiva. O far saltare la trattativa.

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