La piazza nera che sfida i Gialloverdi

19 Maggio 2018

Per capire i dilemmi anche morali che dovrà affrontare il nuovo governo Lega-Cinque Stelle bisognava essere in piazza Plebiscito a Napoli ieri mattina: migliaia di persone – pare 10.000 – sedute in silenzio sulle scalinate ad ascoltare chi parla dal microfono al centro, un po’ in italiano, un po’ in inglese, un po’ in francese. Tutti neri, tutti immigrati, quasi tutti senza permesso di soggiorno. Una manifestazione di rara compostezza, inedita per dimensione e per la quasi totale assenza di italiani, con tre richieste: tempi più rapidi per concedere i permessi di soggiorno, regolarizzazione di chi è in Italia da anni, lavora e non ha alcun Paese dove tornare o in cui essere rimpatriato a forza, e l’estensione del reddito di inclusione anche ai migranti.

Una folla muta di persone arrivate da tutta Italia, dagli inferni di Castel Volturno, dalle campagne di Caserta (dove oggi si replica), da Roma, dai campi di pomodori di Foggia. Coraggiosi fantasmi senza documenti che sfilano in corteo in mezzo a quei poliziotti che – stando alla legge – dovrebbero fermarli e contestare loro di essere arrivati su un barcone, di lavorare in nero, di non avere diritto a rimanere in Italia. I pochi che prendono il microfono per parlare chiedono di poter contribuire a una società che sentono la loro: finché restano nell’ombra dell’irregolarità sono costretti a usare i loro miseri compensi per remunerare qualche caporale o a pagare affitti in nero.

Le associazioni come il centro sociale “ex Canapificio” di Caserta che hanno promosso l’evento di ieri e l’appello “Reddito e diritti per tutte e tutti – Nessuno escluso” hanno un obiettivo molto concreto: permettere agli immigrati di accedere al reddito di inclusione (Rei), il sussidio anti-povertà introdotto dal governo Gentiloni che è quasi identico al reddito di cittadinanza dei Cinque Stelle, anche se di importo più basso. Queste associazioni hanno scoperto che la legge è abbastanza ambigua da lasciar intravedere anche ai migranti in Italia per ragioni umanitarie da almeno due anni la possibilità di accedere al Rei (che oggi arriva quasi a 900.000 persone per un importo medio di 297 euro al mese) e le Regioni hanno alcuni margini di flessibilità per aggiungere risorse a quelle nazionali ed estendere la platea dei beneficiari. Stanno quindi trattando con la Campania di Vincenzo De Luca e pare ci sia qualche spiraglio, visto che la Regione già ha sperimentato il coinvolgimento di migranti in lavori di pubblica utilità. Secondo l’Istat, l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie del Mezzogiorno di soli italiani era nel 2016 il 7,5 per cento, tra quelle di soli stranieri del 29,7 per cento.

La piazza napoletana di africani di ieri dimostra che molti degli argomenti avanzati dai Cinque Stelle sono fondati: soltanto un sussidio universale e non più legato alle categorie di appartenenza può garantire davvero di uscire dalla trappola dell’indigenza e di avere abbastanza libertà da opporsi al reclutamento dei caporali e partecipare da cittadini alla vita democratica. Peccato che, proprio ieri, mentre quei ragazzi africani attraversavano Napoli, i Cinque Stelle firmassero un contratto di governo con la Lega che si è impegnata a rimpatriare quasi tutti i presenti al corteo. E se non riuscirà a rimpatriarli, complicherà loro la vita in ogni modo possibile (si prevede l’espulsione per i richiedenti asilo che commettono reati, a prescindere dal loro diritto a rimanere) per compiacere le richieste securitarie di un elettorato spaventato più dai talk show che dal contatto diretto con i migranti.

Non sarà facile tenere insieme la maggioranza gialloverde che sarà presto attraversata da dilemmi laceranti. I manifestanti di Napoli farebbero bene a non farsi troppe illusioni.

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