Abbiategrasso

“Carlo Cracco e gli ambasciatori del gusto devono lasciare il convento del ’400 ad Abbiategrasso”

La polemica - Il Comune contro lo chef stella Michelin

14 Marzo 2018

“Solo in Italia abbiamo un convento del ’400 occupato e usato gratis come magazzino di cucine da uno chef stellato”, sorride Domenico Finiguerra, consigliere comunale ad Abbiategrasso.
La cucina di Cracco è nell’antico Convento dell’Annunciata. Che sul sito dell’associazione Maestro Martino, “fondata e presieduta” dallo chef, viene presentato come sede dell’Ambasciata del gusto. Peccato che il contratto sia scaduto il 15 ottobre 2017. “Vorremmo capire – chiede Finiguerra – a che titolo Cracco la occupa. E se il contratto, siglato dalla vecchia giunta, sia stato un affare o un pacco per il Comune che ha speso 11 milioni per recuperare l’immobile. Mentre da Cracco riceveva mille euro al mese”.

Video di Elena Peracchi

Tutto comincia nel 2015, vigilia dell’Expo. Ad Abbiategrasso plana Carlo Cracco, star tv con due stelle Michelin (oggi una). Il Comune gli affida parte del Convento. Finiguerra racconta: “Nei primi mesi ci risulta che l’immobile sia stato concesso gratis. Poi a un canone molto basso. Ma le cucine sono sempre lì”. Parliamo dello splendido convento dell’Annunciata, costruito nel 1466 dagli Sforza. Il sindaco Cesare Nai ha ereditato Cracco dalla passata giunta. Ma il canone non era fuori mercato? “Non era alto – risponde Nai – Però il contratto era breve, non si poteva pretendere un investimento. Adesso faremo una gara. Noi spendiamo 200mila euro l’anno per la manutenzione…”. Da tre anni il Comune ci rimette centinaia di migliaia di euro.

E Cracco? Le cucine restano lì. E il sito dell’Ambasciata scrive: “La sede è nel Convento dell’Annunciata”. Cracco in un video dice: “Immagina un luogo dove si fondono tradizione e innovazione, alla fine del ‘400 nasce questo convento affrescato da pittori di scuola leonardesca. In questo spazio cuochi di tutto il mondo avranno cittadinanza”. Com’è possibile? Cracco non parla. Risponde la sua associazione: “L’accordo nei primi mesi non prevedeva un pagamento, ma attività culturali concordate con il Comune”. Poi? “Il canone era adeguato”. Ma perché siete ancora lì? “Abbiamo chiesto il rinnovo e nelle more ci è stato consentito di lasciare l’attrezzatura”. E l’evento benefico a cui, secondo Finiguerra, avreste detto di no? “Noi non avevamo più la disponibilità dei locali. Toccava al Comune”. Intanto i fornelli sono sempre lì, vicino alle volte affrescate.

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