Tv, non solo Fazio. Tutti quelli che dicono ‘domani mi ritiro’ ma non lo fanno

15 Settembre 2017

“Ho un contratto per 4 anni. Poi basta. Magari farò il produttore”. L’intervista di Cazzullo a Fabio Fazio sul compenso a 9 zeri – “Vero, guadagno tanto. Ma con me la Rai risparmia” (e che risparmio!) – si conclude con la promessa (minaccia?) del ritiro. Non provate a trattenerlo, implorarlo, il grande showman ci concede meno di un lustro per godercelo in tv, poi basta calcare gli studi, magari andrà dietro le quinte.

E a vedere il suo nuovo contratto, con tanto di nuova società “Officina”, il cui nome evoca il sudore (ma non lo stipendio) dell’operaio al tornio, la stoffa del produttore ce l’ha eccome. Farà strada.

“Basta, questa è l’ultima. Poi mi ritiro”: quante volte l’abbiamo sentito promettere solennemente? Poi il tempo passa e chi si ricorda di controllare se uno ha mollato davvero?

Ricordate il famoso appello lanciato nel 2007 da Luca Josi, leader dei giovani socialisti all’epoca di Craxi e delle monetine al Raphael, poi importante produttore televisivo, oggi direttore Brand Strategy & Media di Tim-Telecom Italia?

Un vero “Patto generazionale”, che recitava così: “Chi di noi, coerentemente a quando chiede ricambio e competitività, è disposto, oggi, a sottoscrivere un patto che lo impegni, raggiunta l’età dei 60 anni, a lasciare o non accettare un ruolo di leadership (cariche primarie della politica e dell’economia) continuando a offrire il suo impegno nei ruoli di vice, numero due, saggio, consulente o di qualsiasi altra posizione che consenta alla società di avvantaggiarsi e non disperdere la sua esperienza?”.

Ebbe grande successo e fu sottoscritto da tanti nomi importanti della politica, dell’economia, del giornalismo.

Tra loro anche un imberbe Matteo Renzi, presidente della provincia di Firenze, che poi ha dimostrato a tutti quanto sia affidabile quando promette di lasciare.

Ah, ma a 60 anni manterrà l’impegno, tanto mancano ancora 18 anni.

E gli altri? La gran parte dei primi sottoscrittori non ha ancora raggiunto la soglia fatidica, per cui tocca aspettare. L’ha superata invece Gad Lerner, che a ridosso del sessantesimo compleanno nel 2014 ripubblicò nel suo blog il patto, invitando a “curiosare tra gli aderenti dell’epoca”. Come a dire: io l’ho onorato e voi?

Non l’ha fatto Alessandro Profumo: ex Mps e Unicredit, ha compiuto 60 anni a febbraio 2017 e a marzo, altro che ritiro, è diventato nuovo ad di Leonardo (ex Finmeccanica). Poco più vecchio Marco Follini, ma non per la poltrona: classe 1954, a 60 anni, l’ex leader Dc-Ccd-Udc-Italia di Mezzo-Pd, scorda il patto e diventa – udite udite – presidente dell’Associazione produttori televisivi (che c’entra con la Tv l’anti-televisivo Follini?).

Quest’anno ne fa 63 e lascia sì il posto al ben più competente Giancarlo Leone, ma non per tornare a casa, bensì in politica, perché “spira un forte vento democristiano”. E uno come lui può non andare dove tira il vento?

Bel problema per Giorgio Gori: alla firma del patto era presidente di Magnolia, ma poi, mentre Follini si dava alla tv, lui entrava in politica (sogno o son desta?). Ora è sindaco Pd di Bergamo e si candida alla presidenza della Lombardia. A marzo farà 58 anni: rimarrà in carica solo due anni come promesso? O è meglio far sottoscrivere a tutti il patto “Basta dire basta”? Quello sì lo rispetterebbero.

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