Cattivo credito

Monte dei Paschi, Padoan illusionista dei decreti che deve salvare il soldato Morelli

L’Italia attende dal 2013 l’entrata in vigore delle norme Ue che rendono più severi i requisiti morali dei banchieri. Su 271 consiglieri, almeno 63 sarebbero fuori norma

Di Carlo Di Foggia e Giorgio Meletti
13 Settembre 2017

Il caso dell’amministratore delegato di Mps Marco Morelli è solo il più eclatante e illumina l’imbarazzo del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: da due anni e mezzo non firma il decreto attuativo delle nuove severe norme europee sui requisiti tecnici e morali dei banchieri. The European House-Ambrosetti ha già lanciato l’allarme: tra i 271 consiglieri delle prime 19 banche italiane, ben 63 non hanno i nuovi requisiti di “competenza”. Da qui l’avvertimento da veri liberisti: “Bisogna fare attenzione a non sfociare in un eccesso di regolamentazione”.

Se poi si verificassero anche altri requisiti imposti dalle nuove norme (onorabilità, correttezza, indipendenza e disponibilità di tempo), probabilmente dovrebbero andare a casa metà dei banchieri. Ecco spiegato il terrore. La direttiva europea nota come Crd IV è del 26 giugno 2013. Sono passati quattro anni e per l’Italia è ancora lettera morta. Sono occorsi due anni per il recepimento della direttiva, e il decreto legislativo 72 del 12 maggio 2015 già annunciava in quale gloria sarebbe finito il salmo: le nuove norme sarebbero entrate in vigore solo con un decreto attuativo e si sarebbero applicate solo alle nomine fatte dopo il decreto.

Ma al momento dell’entrata in vigore non dovrebbe scattare una revisione dei requisiti di tutti i banchieri? Così scriveva Mario Draghi il 16 giugno 2015, illudendosi che Padoan avrebbe fatto il decreto attuativo “entro l’estate 2015”. Nella lettera di diniego all’acquisto della banca Bim da parte della cordata guidata da Pietro D’Aguì, il presidente della Bce avvertiva che, “una volta entrate in vigore in Italia le nuove norme, l’autorità competente dovrebbe verificare nuovamente i requisiti fit and proper di D’Aguì”. Quindi di tutti, si deduce. Il Fatto ha chiesto se è prevista la revisione dei requisiti di tutti i banchieri alla luce delle nuove norme. Il ministero dell’Economia non ha risposto. La Bce ha risposto che una decisione sarà presa alla luce del nuovo decreto.

Padoan sembra orientato a proteggere i banchieri italiani dal ciclone che potrebbe travolgerli. In questi due anni di vuoto ci sono state valanghe di nomine. Per esempio nel 2016 sono stati eletti consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione dell’Ubi, il cui stato maggiore è quasi interamente imputato per gravi reati commessi nella gestione della banca. Per non parlare delle ripetute nomine ai vertici delle due banche venete avviate verso il baratro.

Una bozza del decreto è comparsa sul sito del ministero per la consultazione pubblica. Il Fatto ha chiesto quando è prevista l’entrata in vigore ma il ministero non ha risposto. L’ex viceministro dell’Economia Enrico Zanetti è perentorio: “Con quello che è successo a partire dal 2015 con le quattro banche, sarebbe stato logico, prima ancora che doveroso, vedere una sana fretta nel varare questo decreto. La pubblica consultazione, sa tanto di melina al quadrato per recuperare ancora qualche mese”. Mentre fa melina, Padoan approfitta come azionista di Mps della vacatio legis di cui è responsabile. Un anno fa – su ordine di Matteo Renzi – impose al presidente di Mps Massimo Tononi (che in seguito all’edificante episodio si è dimesso) di cacciare l’ad Fabrizio Viola per sostituirlo con Morelli.

Il banchiere romano non sembra in possesso dei requisiti di correttezza che il governo rinvia. Tra i criteri di valutazione la legge indica “le condotte tenute nei confronti delle autorità di vigilanza e le sanzioni da queste irrogate”. L’8 ottobre 2013 Morelli ha ricevuto dalla Banca d’Italia una sanzione pecuniaria di 208.500 euro, superiore al massimo edittale, per non aver correttamente informato la vigilanza delle caratteristiche dell’operazione Fresh, con cui Mps aveva fatto credere alla vigilanza di aver realizzato un aumento di capitale da un miliardo di euro per fare fronte agli oneri della sciagurata acquisizione dell’Antonveneta. Invece era un prestito. Il comportamento di Morelli è stato definito dalla vigilanza “di particolare gravità”.

Nell’autunno scorso si è svolto, all’ombra dell’immancabile segreto d’ufficio, un rito bizantino. Come da prassi imposta dalla Bce, il cda del Montepaschi ha verificato i requisiti di Morelli secondo i nuovi e più stringenti criteri, ma l’ha considerato fit and proper perché i nuovi e più stringenti criteri non sono ancora adottati dalla legislazione italiana. Questa è però una deduzione. La decisione del cda Montepaschi e l’approvazione tacita di Bankitalia e Bce sono tutti atti segreti. Alla senatrice questore Laura Bottici (M5S), che ha chiesto la documentazione, la Bce ha risposto il 14 agosto scorso, dopo due mesi di ponderazione, che concedere l’accesso agli atti lederebbe la privacy di Morelli. E che divulgare gli “scambi di opinione” tra Bce e Bankitalia sul caso Morelli non è consentito perché manca un “interesse pubblico prevalente” a conoscere.

Ma adesso c’è l’appuntamento con il destino. Il Tesoro è diventato azionista di maggioranza di Mps ed entro novembre dovrebbe svolgersi l’assemblea per il rinnovo del cda. A quel punto Morelli, insieme agli altri, dovrebbe sottoporsi di nuovo alla verifica dei requisiti. A meno che Padoan non trovi il modo di rinviare ulteriormente l’adozione del decreto.

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