Milano

Mani pulite, 25 anni dopo: Palazzo di Giustizia deserto

Anniversari - Presenti due membri del pool, Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo, che dice: “L’inchiesta è finita, Tangentopoli no”

8 Febbraio 2017

La prima iniziativa per ricordare Mani pulite 25 anni dopo è stata celebrata in un’aula magna semi-vuota, nel Palazzo di giustizia di Milano dove Mani pulite iniziò, il 17 febbraio 1992, con l’arresto dell’indagato numero uno, Mario Chiesa. Colpa, secondo gli organizzatori, del boicottaggio messo in atto dagli avvocati milanesi che non gradivano la presenza tra i relatori di Piercamillo Davigo, 25 anni fa magistrato del pool di Mani pulite e oggi combattivo presidente dell’Associazione nazionale magistrati.

In effetti l’organizzazione del convegno era stata molto contrastata. Il 3 febbraio, a tre giorni dall’evento, una email degli organizzatori (l’associazione Themis & Metis) comunicava ai relatori che l’iniziativa era stata cancellata: naufragata per la mancata collaborazione degli avvocati – l’Ordine e l’Aiga (l’associazione dei giovani avvocati) – che avevano promesso di mettere a disposizione un’aula del Palazzo di giustizia, ma avevano poi espresso contrarietà alla presenza di Davigo: “Non è il caso di stendere i tappeti rossi a Davigo, per come ci ha trattati recentemente, non è il caso che questo incontro abbia luogo”, avrebbe detto un avvocato dell’Aiga, secondo quanto riportato dagli organizzatori.

Questi, in extremis, hanno poi ottenuto l’aula magna, ma ormai senza più il tempo per pubblicizzare l’evento, che ha visto la presenza soltanto di pochi cittadini richiamati dal passaparola.

Nessun boicottaggio, replica il presidente dell’ordine degli avvocati di Milano, Remo Danovi: “Non c’è alcun motivo di disagio a incontrare Davigo e a confrontarci con lui, come abbiamo fatto altre volte in passato”. L’Ordine degli avvocati spiega di non aver dato il patrocinio all’evento perché non rientrava nella sfera della formazione professionale. E quanto all’aula, concederla è compito della Corte d’appello.

Alla fine, il convegno si è comunque aperto. Con la lettura da parte di una delle organizzatrici, Francesca Scoleri, del documento che i pm di Mani pulite – Antonio Di Pietro, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo e Francesco Greco – lessero in pubblico, chiedendo al procuratore Francesco Saverio Borrelli di essere assegnati ad altri incarichi e non più alle indagini di Mani pulite, perché il decreto Biondi che stava per essere promulgato impediva loro di praticare una giustizia uguale per tutti.

Il decreto poi saltò. Ma 25 anni dopo si è persa memoria di quella stagione. Di Pietro è intervenuto in piedi: “Quando parlo in questo Palazzo sento che addosso mi manca la toga”. Poi ha voluto chiarire la differenza tra Tangentopoli e Mani pulite, due espressioni spesso usate come sinonimi: “Mani Pulite è finita 25 anni fa”, ha detto riferendosi all’inchiesta giudiziaria, “ma Tangentopoli è ancora qui”, ha scandito, riferendosi al sistema della corruzione. “E da allora a oggi, l’unica cosa che è cambiata è che adesso c’è desolazione da parte dell’opinione pubblica. Non crede più che possa cambiare qualcosa: e guardo con amarezza quest’aula vuota”. Uno spettacolo ben diverso – ha raccontato – da quello a cui aveva assistito qualche giorno prima a Borgomanero, in provincia di Novara, dove era andato a parlare di Mani pulite: “C’era tutto il paese, anzi, qualcuno in più”. Di Pietro nel suo intervento ha letto brani di due vecchie relazioni del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti che allineavano le manovre contro Mani pulite messe in atto fin dal 1992-93 dalle agenzie d’intelligence e da pezzi di corpi di polizia. “Ci volevano fermare. Si sono messi in azione appena hanno capito che stavamo per arrivare ai piani alti del potere. Mani pulite è stata fermata, anche perché mentre stavamo indagando sui bauscia del Nord, siamo andati a toccare quelli che avevano contatti con la mafia al Sud”.

Davigo ha allineato – e confutato – molti dei luoghi comuni e delle bugie su Mani pulite che ancora restano in circolazione. “Dicono che Mani pulite sia stata un complotto della Cia. E contemporaneamente che ha salvato i comunisti: ma allora la Cia ha salvato i comunisti?”. E ancora: “Ci hanno dipinto come toghe rosse. A parte la fatica che faccio nel vedermi come una toga rossa, rispondo ricorrendo al catechismo: i sacramenti sono validi anche se il celebrante è indegno, la messa vale anche se il prete ha la fidanzata”.

Mani pulite è un’incompiuta, per il presidente dell’Anm: “In passato sono stato rimproverato per aver detto a una delegazione di magistrati francesi che con Mani pulite abbiamo selezionato la specie dei corrotti, come i leoni che prendono le gazzelle più lente, come gli antibiotici che creano i ceppi resistenti agli antibiotici. È andata così. Se si interrompe la cura a metà, questi sono i risultati. E noi purtroppo abbiamo dovuto interrompere la cura a metà”.

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