Il crocevia - Le ultime ore del fuggiasco

Killer di Berlino, jihadistan meneghino e la ricerca di un aiuto per scappare a Sud

I movimenti di Anis Amri tra Milano e Sesto, la zona dove la microcriminalità straniera è collegata a fenomeni di radicalizzazione. Da mesi l'Antiterrorismo monitora personaggi attivi nella falsificazione di documenti. L'ultima inchiesta è stata su un gruppi di algerini collegati al marocchino arrestato perché stava preparando un attacco al centro commerciale di Arese. Sotto osservazione anche il flusso di denaro tramite i money transfer

24 Dicembre 2016

Un’ora e mezza in giro per Milano, poi la decisione: prendere l’autobus e scendere davanti alla stazione di Sesto San Giovanni. Anis Amri, il tunisino, cammina per la città. È passata da poco l’una del mattino di ieri. È appena arrivato con un treno regionale da Torino. Dalla Stazione centrale inizia a camminare. Quattro giorni prima a Berlino ha colpito in nome dell’Isis: dodici morti, anche un’italiana, Fabrizia Di Lorenzo. Amri ha giurato fedeltà al Califfo. È un radicale e ora passeggia indisturbato per Milano. Non vi è dubbio che segua, forse inconsapevolmente, la direzione della linea sostitutiva, oltre corso Buenos Aires verso piazzale Loreto. La direzione è quella verso Sesto.

La geografia urbana non è da sottovalutare. Dopo Loreto, c’è viale Monza e via Padova, area a rischio secondo l’Antiterrorismo. Come anche Sesto e il vicino Comune di Bresso, come anche Cinisello Balsamo, luogo da cui è partito il Tir polacco utilizzato da Amri per la strage di Berlino del 20 dicembre. Qui la microcriminalità straniera è collegata a fenomeni di radicalizzazione. Da mesi, l’Antiterrorismo sta monitorando personaggi attivi nella falsificazione di documenti. Sotto la lente anche un uomo in grado di riprodurre passaporti americani. In questo intreccio di vie, palazzi e luoghi vari, Amir cerca qualcosa, un aiuto, forse un documento d’identità. Tra via Clitumno, via Valtorta e ancora in via Padova, l’Antiterrorismo solo poche settimane fa ha fatto luce su un gruppo di algerini collegati direttamente al marocchino Nadir Benchorfi, arrestato il 4 dicembre in via Tracia nella zona di San Siro, perché stava preparando un attentato nel centro commerciale di Arese, il più grande d’Europa. Nadir, classe ‘86, oltre a dirsi pronto a “compiere un’azione”, foraggiava economicamente molti foreign terrorist fighter in Germania e in particolare nel distretto di Düsseldorf. I tre algerini, è stato accertato, hanno inviato soldi sul conto di Benchorfi che ha girato tutto, attraverso varie rimesse, in alcuni Paesi, e soprattutto in Germania. Uno di questi, T. D., residente in via Clitumno, già nel 2007 è stato coinvolto in una perquisizione in un appartamento di via Ripamonti. Emergono, poi, tabulati telefonici, che legano uno dei tre algerini a una cellula jihadista in Belgio.

Insomma, i profili non vengono sottovalutati. Come anche viene tenuto in grande considerazione un flusso consistente di denaro, nell’ordine anche dei 200 mila euro alla volta, che, secondo l’Antiterrorismo parte da un negozio di telefonia sempre in via Padova e va all’estero per finanziare un traffico d’armi con la Libia. Si tratta del sistema degli hawala, ovvero i money transfer illegali, basato sostanzialmente, sulla compensazione di denaro. Nel fascicolo seguito dall’intelligence, addirittura è stata accertata una transazione per la compravendita di armi in Libia. Altre rimesse sono state seguite in provincia di Bergamo e verso l’Austria. Senza contare che un’altra recente inchiesta della Digos porta al confine di Sesto San Giovanni nel Comune di Bresso e in un dignitoso palazzo di edilizia popolare in via Bologna al civico 28. Qui ha vissuto, fino al Natale del 2014, il marocchino Hamed Taskour, di Casablanca come Benchorfi. Taskour, impiegato modello con uno stipendio regolare, moglie e due figli, ha intrapreso la via della radicalizzazione non solo sul web, ma anche frequentando soggetti di persona. Poi ha deciso di partire per il Daesh portando con sé il figlio maschio nato a Milano nel 2005. Oggi gli investigatori stanno lavorando per far emergere una rete possibile che possa aver favorito la radicalizzazione di Taskour. Qualche chilometro oltre c’è Cinisello Balsamo. Qui, in via Cantù, il 16 dicembre il Tir Scania che quattro giorni dopo ha fatto strage nel mercatino di Natale a Berlino, ha caricato della merce. È stato filmato dalle telecamere. I video però non riprendono il tunisino Amri. Certo tra la sede della ditta Omm e la stazione di Sesto San Giovani, dove ieri mattina Amri è stato ucciso da un agente di polizia, ci passano appena cinquecento metri in linea d’aria.

Ma c’è di più: da anni, ormai, certe aree di Cinisello Balsamo sono diventate dei veri e propri suk. Qui, nella grande moschea, un anno fa l’imam Idriz Idrizovic ha fatto una lunga predica inneggiando al jihad e ai combattenti in Siria. Idrizovic risulta imparentato con Seat Bajraktar, imam della comunità kosovara di Monterone d’Arbia in provincia di Siena a sua volta legata al reclutatore di combattenti Bila Bonsic. Insomma, Amri, prima di essere colpito a morte, si è trovato nella zona più radicale di Milano. Un caso? Più probabilmente, ragiona l’intelligence, una scelta ponderata e consigliata da vecchie conoscenze che il tunisino ha maturato durante la sua carcerazione in Italia.

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