Pokémon Go, liberiamo le scuole

6 Settembre 2016

Rattata potrebbe essere tra i banchi di scuola. Il rarissimo Pikachu sulla porta del dirigente scolastico e Zubat all’ingresso dell’istituto. L’anno scolastico 2016/2017 inizia in compagnia dei Pokémon go, il gioco creato da Niantic per la multinazionale giapponese Nintendo che sta facendo impazzire i ragazzi di tutto il mondo.

Ad aver paura dei mostriciattoli sono maestri e professori intimoriti dalla possibilità di trovarsi in aula a spiegare la Prima guerra mondiale o Alessandro Manzoni tra Pidgey e Krabby.

Un’ipotesi presa seriamente in considerazione dal governo francese che ha chiesto alla Niantic di bandire Pokémon Go dagli istituti. A lanciare la guerra contro i mostriciattoli che hanno cambiato la vita dei nostri figli e alunni è sceso in campo persino il ministro dell’Educazione Najat Vallaud-Belkacem, che in una conferenza stampa ha annunciato nei giorni scorsi di voler chiedere alla Niantic di escludere la presenza dei Pokémon dagli edifici scolastici di ogni ordine e grado. Una scelta nata per due motivi. Il primo: la distrazione. Il timore è proprio quello che gli studenti, soprattutto quelli più grandi in grado di nascondere il cellulare sotto il banco mentre il docente spiega la lezione, possano essere più interessati alla cattura dei mostri che alla spiegazione di letteratura o matematica.

Il secondo: la sicurezza. Secondo quanto riportato da Le Figaro, il ministro francese pensa che la caccia ai Pokémon potrebbe portare a scuola persone che non siano studenti. Una preoccupazione nata dalla cronaca di folle impazzite che si muovono da una parte all’altra per poter conquistare Pikachu o Mankey. Un provvedimento di buon senso che sarà esteso anche ai musei e agli ospedali dove, in Francia, si segnala la presenza dei mostriciattoli. Un problema che si presenterà presto anche in Italia. I “Pokéstop” ovvero le stazioni dove prendere Pokéball sono ovunque: dai sagrati delle chiese, alle piazze, ai locali pubblici, agli edifici culturali. Tra qualche giorno dovremo verificare se i Pokémon hanno conquistato anche i nostri edifici scolastici.

Per ora nessuno al ministero dell’Istruzione si è posto la questione: il ministro dell’Istruzione Stefania Gianni ha ben altro a cui pensare in questi giorni tra la ricostruzione delle scuole ad Amatrice, la chiamata diretta, il caos conciliazioni e chi più ne ha più ne metta, ma la richiesta della collega francese non è per nulla fuori luogo. C’è il rischio che anche le nostre aule siano infestate da Pidgey e Rattata. L’editore del gioco non si è posto limiti: sfruttando la realtà virtuale ha piazzato mostri ovunque. Li abbiamo incontrati nelle nostre case, nei commissariati di polizia, nelle corsie degli ospedali, persino nell’ex lager nazista Auschwitz-Birkenau. È evidente che faranno comparsa anche a scuola. E non potremo restare a guardare.

È per questo che i nostri istituti come in Francia vanno “Depokémonizzati” oppure dovremo intervenire educando, richiamando i nostri ragazzi a un senso di responsabilità. Con l’inizio della scuola che piaccia o meno ai docenti, dovremo avere a che fare con ragazzi che si presenteranno in classe con un vocabolario “arricchito” di nuove parole: Poké Ball, Poké Stop, palestre e incubatrici virtuali. Non potremo certo voltare le spalle, rispondere ai nostri ragazzi con un “non me ne intendo”, “non mi interessa”.

La sfida di chi vive tra i banchi è anche quella di conoscere il linguaggio dei ragazzi, di entrare realmente in contatto con loro, di essere in grado di lasciare un segno anche parlando di mostri. Dovremo essere preparati, aver compreso il fenomeno per poterlo affrontare. Chi insegna non può lasciare soli i suoi allievi. Nemmeno nella realtà virtuale.

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