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Da Riyadh a Perth: la Serie A in giro per il mondo sembra un circo per chi offre di più

Partite giocate in stadi mezzi vuoti e per l’altra metà pieni di figuranti che esultano ai gol della squadra avversaria, ma anche disagi per i pochi, coraggiosi italiani in trasferta
Da Riyadh a Perth: la Serie A in giro per il mondo sembra un circo per chi offre di più
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Quattro squadre ricoperte d’oro per andare in Arabia Saudita e le altre sedici rimaste in Italia per il campionato che finisce oscurato da un trofeo che non interessa quasi a nessuno. Poi, fra un mese, altre due (forse, ancora non si sa) addirittura in Australia, con fuso orario diverso, arbitro straniero, parità di condizioni a farsi benedire.

Partite giocate in stadi mezzi vuoti e per l’altra metà pieni di figuranti che esultano ai gol della squadra avversaria. Disagi per i pochi, coraggiosi italiani che si sono sobbarcati la trasferta e hanno avuto un rientro da incubo. Da Riyadh a Perth, la Serie A in giro per il mondo sembra un circo per chi offre di più.

Ogni anno, al momento della Supercoppa, ci ritroviamo a fare le stesse riflessioni e stavolta si aggiunge il carico della controversa trasferta in Australia di Milan-Como (se mai arriverà il via libera definitivo). Lo spettacolo è piuttosto desolante nel complesso, ancor più grave il fatto che ci vada di mezzo la regolarità della competizione, indubbiamente alterata fra rinvii e condizioni di gioco differenti. Dopodiché ce lo siamo già detti: oggi il calcio italiano è ridotto in queste condizioni, ha bisogno di andare a raccattare soldi ovunque.

Se i sauditi – o chi per loro – offrono 20 milioni per due partite, i patron fanno i bagagli senza nemmeno pensarci troppo. E lo stesso grosso modo vale per l’Australia. Peraltro, con qualche piccola accortezza (un calendario pensato meglio, perché sarebbe bastato far incontrare nello stesso turno le partecipanti alla Supercoppa per rinviare solo due gare invece di quattro; rimborsi e iniziative per tifosi e abbonati), queste trasferte poco digeribili agli occhi dell’opinione pubblica sarebbero potuto diventare più presentabili. Ma si sa, la nostra Serie A fa sempre le cose sbagliate e le fa pure male.

La trovata quasi autolesionistica di organizzare partite che nessuno vuole – non i tifosi, nemmeno gli allenatori e i calciatori – va comunque contestualizzata. In particolare, tutta quest’ostinazione sulla trasferta in Australia è soltanto l’ennesima declinazione della grande guerra fra bande per il comando del pallone, in questo caso fra leghe nazionali e associazioni internazionali.

L’iniziativa resta discutibile, ma la Serie A sta sfidando il potere della Uefa, che è al contempo regolatore e organizzatore, e in quanto detentore della Champions League avrebbe tutto l’interesse di impedire lo sviluppo di altri tornei, che poi sul mercato dei diritti tv e degli sponsor vanno a contendere gli stessi soldi. Poi magari non sarà questa la risposta giusta alla crisi, ma la Serie A ha il diritto di provare a trovarla.

Riyadh e Perth sono due facce della stessa medaglia, piuttosto detestabile, ma anche comprensibile. Su cui la cosa più intelligente l’ha detta probabilmente Massimiliano Allegri, quando si è augurato che “non si tratti di un caso isolato, altrimenti sarebbe un problema”. Per quanto non piaccia quasi a nessuno, paradossalmente un’iniziativa del genere dev’essere replicata e diventare una regola, per essere più accettabile.

Prendiamo ad esempio la Supercoppa: ormai si gioca da anni all’estero, col format vecchio o nuovo, a due o quattro squadre, rimane un trofeo di Serie B (infatti i giocatori di Inter e Milan non si sono proprio strappati i capelli per l’eliminazione), però propone sfide di alto livello seguitissime sulla tv in chiaro, e porta soldi nelle casse dei club. Tutto sommato ha trovato la sua dimensione.

Stesso discorso per Perth. Se la Lega dovesse riuscire a portare all’estero una partita, o addirittura un’intera giornata (progetto auspicato dal presidente Simonelli, benché di difficile realizzazione) ogni anno, non ci troveremmo più di fronte a una inutile e strampalata anomalia, ma a un progetto di marketing con magari anche qualche ricaduta concreta e delle regole codificate per tutti. Non ci piacerà ugualmente, un po’ come – per fare un esempio – la partenza del Giro d’Italia dall’Ungheria o da Israele, però almeno avrebbe una sua logica. Così invece la Serie A dall’altra parte del mondo non ha alcun senso. Ed è pure un po’ patetica.

X: @lVendemiale

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