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“Chi sgarrerà in tavola a Natale non giocherà”: la dura regola di Guardiola (e i precedenti da Herrera a Capello)

L'allenatore del City peserà i suoi giocatori dopo le vacanze: chi esagera con il cibo resterà a casa. Prima di lui, tanti precedenti di attenzione al peso
“Chi sgarrerà in tavola a Natale non giocherà”: la dura regola di Guardiola (e i precedenti da Herrera a Capello)
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Sotto l’albero, i giocatori del Manchester City troveranno la bilancia: per chi sgarrerà durante le giornate natalizie, niente Nottingham Forest. La letterina ai calciatori è stata scritta da Pep Guardiola. “Quando torneranno, dopo tre giorni di pausa, voglio vedere come si ripresenteranno – le dichiarazioni rilasciate dopo il 3-0 all’Etihad sul West Ham – Voglio controllare. Immaginate un giocatore che ora è perfetto, ma che arriverà con tre chili in più. Prima dell’ultima partita, sono stati pesati. Stavano tutti bene, altrimenti qualcuno non sarebbe sceso in campo. Stessa storia dopo Natale: chi avrà esagerato, resterà a Manchester ad allenarsi”.

Non è la prima volta che Guardiola mostra di tenere in grande considerazione il problema-peso. Fu proprio questa la causa della rottura con il centrocampista Calvin Phillips, prelevato versando quasi 50 milioni di euro nelle casse del Leeds: dopo il mondiale 2022 in Qatar, tornò alla corte del Manchester City in evidente sovrappeso e Pep divulgò la notizia in pubblico. “Io capisco le esigenze dei calciatori e il legittimo desiderio di trascorrere in famiglia le vacanze di Natale – la spiegazione di Guardiola -. Per questa ragione ho concesso, esaudendo una richiesta dei giocatori, un giorno di riposto in più. In cambio, chiedo però di avere cura del proprio fisico e di non esagerare a tavola. Il calendario in Inghilterra non concede tregua. Non possiamo permetterci stravizi”.

Guardiola non è l’unico allenatore a tenere in alta considerazione la questione peso. Negli ultimi vent’anni, il calcio ha compiuto innegabili passi in avanti in tema di dieta e di corretta alimentazione. Negli organigrammi di molti club è apparsa la figura del nutrizionista. Anche i giocatori hanno compreso l’importanza della cultura del cibo nella loro professione. Cristiano Ronaldo, Harry Kane, Kevin De Bruyne e Paul Pogba hanno un cuoco personale.

In un’intervista del 2018, il cuoco inglese di De Bruyne, Jonny Marsh, dichiarò: “De Bruyne mi chiamò perché non sapeva come comportarsi con il menù di Natale. Spesso i calciatori vivono da soli e non sanno cucinare. Non possono rifugiarsi sul cibo spazzatura e per questa ragione scelgono cuochi personali”. Mohammed Salah segue una dieta personalizzata, in cui vegetali, legumi, pollo e yogurt sono gli alimenti base.

In occasione del Mondiale sudafricano 2010, Fabio Capello fece i conti con il malumore dei nazionali inglesi che non volevano rinunciare maionese e ketchup. Capello è stato uno dei primi allenatori sensibile alla dieta. Al Milan e poi al Real Madrid, Roma, Juventus e Nazionale inglese la bilancia era uno degli strumenti di lavoro più utilizzati dal tecnico di Pieris. Anche Antonio Conte, nella sua prima stagione al Chelsea, fu costretto a varare un piano alimentare che non fu gradito dai calciatori. Francesco Rocca è un coach che ha sempre tenuto in alta considerazione la questione del peso. Per lui, è una regola di vita: è il primo a seguire, da oltre quarant’anni, una dieta rigorosa. “Un tecnico deve essere credibile anche nei comportamenti personali. Come fai a ordinare ai giocatori di controllare il peso se tu, allenatore, ti presenti davanti a loro con dieci-quindici chili in eccesso?”.

In un lontano passato, i due Herrera, Helenio e Heriberto, fecero notizia con la loro attenzione nei riguardi del peso. Parliamo degli anni Sessanta, quando ancora la figura del nutrizionista non esisteva nella vita comune, immaginarsi nello sport. Oggi, curare l’alimentazione è prassi più o meno comune. Alcuni allenatori, come l’argentino Pochettino, attuale ct degli Stati Uniti, sono ossessionati dal peso. Ottavio Bianchi, tecnico del Napoli dello scudetto 1986-87 e di Diego Armando Maradona, dà ragione a Guardiola: “Fa bene a controllare i giocatori. Ai miei tempi, il problema di un’alimentazione fuori controllo riguardava soprattutto i calciatori sudamericani. Tornavano nei loro paesi per le vacanze di Natale e trascorrevano le giornate a casa dei vari parenti mangiando e bevendo. Al ritorno si presentavano spesso con diversi chili in eccesso e questo problema rischiava di compromettere il lavoro dei mesi precedenti. Nel calcio si vince anche a tavola”.

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