Il mondo FQ

Commercio illegale di fauna, dalle pelli esotiche per la moda ai rischi del pet trade: “In Italia quadro preoccupante” | L’intervista all’esperta della Wcs

Alice Pasqualato lavora per la Wildlife Conservation Society e si occupa di reati ambientali. Ha partecipato alla Cop 20 che si è tenuta in Uzbekistan. Nell'intervista ci racconta i retroscena e le criticità legate al ricchissimo commercio di fauna e flora, dove l'illegalità è un problema strutturale
Commercio illegale di fauna, dalle pelli esotiche per la moda ai rischi del pet trade: “In Italia quadro preoccupante” | L’intervista all’esperta della Wcs
Icona dei commenti Commenti

Non tutti sanno che il commercio illegale di fauna selvatica è tra le attività criminali più redditizie al mondo, insieme a droga, armi e al traffico di esseri umani. Tanto per fare un esempio, una zanna d’elefante può valere decine di migliaia di dollari; ma anche il povero geco di bronzo, una specie strettamente protetta delle Seychelles, viene venduto in Europa al prezzo di 5mila dollari. Accanto al commercio illegale, che va contrastato, c’è anche quello legale, che va regolamentato, senza tacere che la linea di confine tra le due pratiche, spesso, è sfumata. Anche perché il valore globale di compravendita di fauna e flora vale tra i 145 e i 220 miliardi di dollari all’anno.

A occuparsi del commercio di specie minacciate di estinzione, per fortuna, ci pensa la Convenzione di Washington (Cites), sottoscritta da oltre 180 Paesi in tutto il mondo. Ogni tre anni Paesi membri, ong, lobbisti e associazioni varie si ritrovano per fare il punto della situazione, per – in teoria – migliorare la gestione della compravendita ed eventualmente per sanzionare governi indisciplinati. Quest’anno la Cop 20 si è tenuta a Samarcanda. Per conoscere i passi avanti fatti (e quelli indietro) a livello globale, e per farsi raccontare i retroscena di ciò che è accaduto in Uzbekistna, ilFattoQuotidiano.it ha intervistato chi era presente al summit, e cioè Alice Pasqualato, Global policy specialist specializzata in reati ambientali per la Wildlife Conservation Society, un’organizzazione non governativa che si occupa di tutelare la biodiversità.

Dottoressa Pasqualato, dobbiamo immaginarci un’Italia che importa illegalmente avorio, pelle di giaguaro, ossa di leone?

Senz’altro casi di questo tipo esistono, l’Europa non è immune al traffico dei mammiferi più conosciuti. Recentemente, per esempio, i carabinieri Cites hanno scoperto e sequestrato uno scimpanzé detenuto illegalmente – e alla catena – in Sicilia. Ma sono casi piuttosto rari, per fortuna, e quando accadono fanno giustamente molto rumore. A differenza di altre forme di commercio, che in Italia continuano a passare in sordina.

A cosa si riferisce?

L’Italia ha un commercio fiorente di fauna e flora, e dietro al commercio legale purtroppo si nasconde spesso anche quello illegale. Quando parlo di wildlife trade le persone si immaginano sempre tigri e rinoceronti, ma in Italia (e in Europa) abbiamo una gran passione per i rettili, sia vivi sia morti. Pensiamo alle pelli esotiche, quelle di serpente o di alligatore: non credo che l’opinione pubblica sia veramente consapevole del fenomeno e del ruolo assolutamente centrale ricoperto dall’industria della moda italiana. Si sta cominciando a parlare di più della crudeltà del mercato delle pelli “esotiche”, ma c’è anche una dimensione di impatto ambientale che andrebbe approfondita.

Che cosa intende?

Se è vero che tanti pellami derivano da animali allevati intensivamente in cattività, come per esempio i coccodrilli, è altrettanto vero che tante specie vengono ancora prelevate in natura. Un dato relativo al 2018: l’Italia ha importato 370mila pelli grezze di rettili per un valore di 61 milioni di euro; di queste pelli, più di 296mila erano provenienti da catture in natura. Siamo uno dei principali importatori al mondo (la ragione, tra le altre, è che ci sono fabbriche che producono per conto terzi i prodotti di lusso che poi vengono esportati in tutto il mondo col marchio Made in Italy, ndr). Ma c’è dell’altro.

Prego.

Se parliamo di flora, il problema principale è probabilmente il legname di lusso che arriva dal Sud-est asiatico per costruire yacht e mobili di lusso. Legname preso da alberi centenari, millenari, e che talvolta purtroppo è il risultato di deforestazione illegale. Una volta fuori dal Paese di provenienza viene “ripulito” nei canali legali e usato anche da note aziende. Purtroppo i controlli sono difficili. In questo senso la EU Deforestation Regulation può essere uno strumento rivoluzionario per una tracciabilità più trasparente.

Ma la normativa è stata depotenziata.

Esattamente, anche su spinta dei partiti sovranisti italiani. Stiamo assistendo a un progressivo indebolimento della normativa ambientale europea molto preoccupante.

Da quello che ci ha raccontato fin qui non ne usciamo benissimo. E per quanto riguarda l’importazione di animali?

C’è un fenomeno in netta crescita, esploso anche grazie ai social media, vale a dire il pet trade e la detenzione di animali esotici. Parliamo di pappagalli, lucertole, tarantole, tartarughe, gechi, pesci ornamentali, uccelli, serpenti. In Italia c’è una grande richiesta, e al di fuori del lavoro eccezionale fatto dai carabinieri Cites, c’è poca attenzione e sensibilità su questo tema, che racchiude dimensioni di commercio legale e illegale. La detenzione di animali selvatici è normalizzata al punto che la maggior parte di noi non si pone troppe domande sulle origini del proprio animale. Per esempio, chi compra pesci ornamentali da tenere in acquario lo sa che è possibile siano stati prelevati dal loro habitat naturale, dall’altra parte del mondo? Non ne sarei tanto sicura. Eppure studi recenti condotti negli Stati Uniti hanno rilevato che il 90% delle specie commercializzate proviene dal prelievo in natura.

Quali sono gli aspetti negativi nel possedere un animale esotico?

Partirei proprio dal rischio di estinzione in natura. Prendiamo il pappagallo cenerino, la cui domanda è storicamente alta tanto in Italia quanto in tutta Europa. Una volta era presente in tutta l’Africa centrale mentre oggi è calato drasticamente. Per esempio in Ghana, per via dell’esportazione, la popolazione è diminuita circa del 99%. Siamo a livelli di estinzione locale, e lo stesso discorso si può fare per tante altre specie vendute come “pets”, animali da compagnia. Ma ci sono altri rischi.

Cioè?

Da una parte il rischio di zoonosi, sempre presente quando preleviamo animali in natura che possono avere malattie o patogeni che non conosciamo. E poi credo ci sia un innegabile problema di benessere animale. Ci siamo abituati a tenere in una teca o gabbia di pochi centimetri tartarughe, lucertole, uccellini, insetti. In Italia, peraltro, l’industria degli animali esotici è un giro d’affari non da poco. A livello giuridico, ci sono tante zone grigie che rendono difficile certificare la provenienza lecita degli esemplari. Ma anche volendo fingere che sia tutto perfettamente regolare: legale significa necessariamente sostenibile? Legale significa opportuno, o etico?

La politica italiana fa abbastanza?

Purtroppo i reati ambientali non sembrano essere una priorità per la politica italiana. Prima ho citato la EU Deforestation Regulation, ci sono membri del nostro governo che hanno esultato pubblicamente quando l’entrata in vigore di questa norma è stata posticipata, dopo esser stata significativamente indebolita. Ci sono forti pressioni interne: dal mondo venatorio, dall’industria della moda e del legname. Però non bisogna dimenticare che l’Italia è il quarto Paese dell’Ue per numero di sequestri legati al traffico illecito di fauna e flora. Il quadro è preoccupante.

Che cosa è successo alla Cop 20 in Uzbekistan?

Notizie positive e notizie negative.

Partiamo da quelle negative.

L’anguilla europea è in pericolo critico di estinzione, e anche le “cugine” americane e giapponesi sono in declino preoccupante. È stato proposto di inserirle nell’Appendice II, vale a dire quella che contiene specie il cui commercio dev’essere regolamentato per evitare minacce. Ma a causa della forte pressione del mondo ittico asiatico, la proposta ha ricevuto voto contrario. In più è stata autorizzata la ripresa parziale del commercio del corno dell’Antilope di Saiga, una decisione potenzialmente pericolosa che potrebbe vanificare i recenti sforzi fatti per recuperare la specie, un tempo sull’orlo dell’estinzione.

E quelle positive?

Anzitutto, sono stati respinti i tentativi di ridurre le protezioni per alcune specie. Per esempio, la Namibia aveva proposto di modificare la classificazione dei propri elefanti e rinoceronti per poter riprendere il commercio di avorio e corno di rinoceronte. Una proposta che è stata bocciata con una solida maggioranza. Dall’altra parte, sono state adottate tutte le proposte per incrementare la tutela di 70 specie di squali e razze, un traguardo molto importante per un gruppo di specie sempre più a rischio. Un’altra vittoria importante per noi è stato l’inserimento delle iguane delle Galápagos nell’Appendice I, che ne vieta, di fatto, il commercio internazionale.

Il suo prossimo obiettivo?

Promuovere il primo trattato internazionale sui reati ambientali, che potrebbe prendere la forma di un protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Palermo sulla criminalità organizzata. Quando ne parlo, le persone si sorprendono sempre: “Ma come, non esiste un trattato sui reati ambientali?”. Purtroppo no. Ed è un problema serio quando si parla di reati transnazionali, che necessitano di un risposta altrettanto internazionale.

Crediti foto di destra nell’immagine dell’articolo: Cites

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it
Instagram

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione