
Il piano di usare 210 miliardi di asset russi congelati fallisce: l'Ue finanzia Kiev con un prestito garantito dal bilancio europeo
di Francesco Valendino
Bisogna ammirarli, questi euro-fenomeni. Hanno quella faccia di bronzo lucidata a specchio che consente loro di uscire da un palazzo in fiamme gridando “Che bel calduccio abbiamo creato!”. La scena andata in onda a Bruxelles è degna di una commedia all’italiana, se non fosse che il conto, alla fine, lo paghiamo noi.
I fatti, depurati dalla melassa dei giornaloni che ormai riscrivono la realtà meglio di Orwell, sono semplici. Ursula von der Leyen e il Cancelliere tedesco Friedrich Merz dovevano portare a casa lo scalpo dell’Orso: 210 miliardi di asset russi congelati per finanziare Kiev. “Pagherà Putin!”, tuonavano fino a ieri mattina. Invece, dopo quattro ore di psicodramma a porte chiuse, senza telefonini (come i carbonari o i liceali in punizione), hanno partorito il topolino. Anzi, il debito.
Il piano geniale si è schiantato contro il Belgio. Il premier De Wever, che evidentemente sa far di conto meglio dei nostri soloni, ha detto nein. Non ha alcuna intenzione di accollarsi rischi finanziari illimitati per fare un favore alla geopolitica di Von der Leyen. Uscendo dal vertice, De Wever non ha usato metafore poetiche: “Era come una nave che affonda, come il Titanic“. Capito? Loro dentro a suonare l’orchestra della “solidarietà incrollabile”, e fuori l’iceberg della realtà.
Ma ecco il colpo di teatro. Davanti alle telecamere, Von der Leyen e Merz – che fino a cinque minuti prima definiva il prelievo dagli asset russi “l’unica opzione” – hanno sfoderato il sorriso delle grandi occasioni. “L’abbiamo fatto!”, ha esultato lei. Fatto cosa? Hanno deciso che, visto che i soldi russi non si toccano (perché le banche non sono onlus e i rischi legali terrorizzano tutti), i soldi ce li mettiamo noi.
La scena madre è stata quella di Macron, il Napoleone tascabile, costretto a pietire da Viktor Orban – il dittatore, il paria, il cattivo dei film Marvel – il via libera per emettere debito comune. Sì, avete letto bene. Per salvare la faccia e coprire il buco, i rigoristi e gli europeisti hanno dovuto chiedere al sovranista ungherese di firmare cambiali a nome dei cittadini europei.
Merz, con un’agilità dialettica che fa invidia ai nostri democristiani della Prima Repubblica, ha addirittura rivendicato la paternità dell’idea di prendere i soldi dall’interno dell’Ue. Ieri era impossibile, oggi è una sua proposta. Un genio.
Morale della favola: l’Ucraina riceverà i soldi (forse), ma non saranno quelli di Mosca. Sarà un prestito garantito dal bilancio Ue, cioè dalle nostre tasse. Kiev dovrà rimborsarlo solo se riceverà le riparazioni dalla Russia: cioè mai, o nel duemila-e-credici.
I “globalisti”, come li chiama chi ha capito il gioco, hanno fatto la loro mossa: volevano punire la Russia a costo zero, hanno finito per indebitare l’Europa a costo altissimo. Un capolavoro al contrario. Il Titanic affonda, ma l’orchestra di Bruxelles ci manda la fattura per il biglietto.