Consiglio europeo, gli asset russi restano congelati ma Mosca non si ferma: il 16 gennaio la prima udienza contro Euroclear
“L’Ue ha deciso di prestare all’Ucraina 90 miliardi di euro senza utilizzare risorse russe”. Il titolo del più importante giornale economico russo Kommersant chiariva fin dall’alba di oggi che i miliardi russi non sono stati toccati per salvare Kiev, ma restano congelati, giuridicamente immobilizzati, nel territorio dell’Unione. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha spiegato che l’Ucraina sarà tenuta a rimborsare il prestito solo dopo che la Russia avrà versato un risarcimento e, in caso di rifiuto da parte di Mosca, ha aggiunto, l’Ue potrà usare i beni russi congelati per estinguere il debito gialloblu. Non il quotidiano russo, ma il Financial Times parla di “duro colpo politico” per alcuni leader Ue e per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: per finanziarie l’Ucraina verranno usati non fondi russi, ma quelli dei contribuenti europei. Ma non tutti: il prestito “non comporterà alcun obbligo finanziario per la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Slovacchia”, i cui leader si erano fermamente opposti al prestito.
Alla fine hanno prevalso i timori del premier belga Bart De Wever, condivisi anche da Italia, Bulgaria, Malta e Francia. Inoltre, prima dell’abbandono dell’ipotesi dell’uso degli asset, Fitch aveva avvertito Euroclear di un possibile declassamento del rating creditizio “a causa di potenziali problemi di liquidità legati ai piani dell’Ue per un prestito all’Ucraina”; il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, minacciava “tutti i possibili meccanismi legali” per fermare l’Ue e non si era nemmeno completamente allineata, sembra, la squadra repubblicana coinvolta nei negoziati. Secondo il New York Times, “una bozza del piano di pace degli Stati Uniti, pubblicata il mese scorso, prevedeva l’utilizzo dei fondi congelati per la ricostruzione postbellica dell’Ucraina. Di conseguenza, il loro utilizzo da parte dei leader europei per un prestito prima di un accordo di pace potrebbe causare tensioni con Washington”.
Anche se non verranno usati per Kiev (almeno per il momento), Mosca vuole indietro i suoi fondi. Alle dieci del mattino, fuso moscovita, del 16 gennaio prossimo comincerà la prima udienza del processo intentato dalla Banca Centrale russa contro Euroclear, l’istituto finanziario belga nei cui depositi sono blindati i miliardi russi. Mosca ha già promesso che sarà un “incubo legale” per l’Unione. L’istituto di Elvira Nabiullina contesta ai belgi “attività illecite” che impediscono a Mosca l’accesso ai suoi fondi e titoli e chiede un risarcimento di 230 miliardi di dollari, sia per la decisione presa dall’Ue di congelare i beni sine die, sia perché l’Ue stava considerando “proposte per l’utilizzo diretto o indiretto degli asset della Banca di Russia senza autorizzazione”.
La sentenza del tribunale arbitrale moscovita che arriverà in seguito – già prevedibilmente a favore del Cremlino, il cui presidente ha contestato “il furto di beni sovrani” – non sarà riconosciuta come valida nei tribunali al di fuori dei confini della Federazione, ma costituirà una documentazione formale della rivendicazione legale russa destinata a pesare su qualsiasi tavolo negoziale per un accordo, se mai si troverà, per mettere fine al conflitto. Euroclear ha riferito di non possedere beni in Russia, ma fonti interne dell’istituto hanno riferito che Mosca potrebbe far valere la sentenza in giurisdizioni che considera “amichevoli”. “La Banca di Russia potrebbe tentare di far rispettare la decisione di un tribunale russo contro Euroclear in Cina, Hong Kong, Emirati Arabi Uniti, Kazakistan e altre giurisdizioni amiche, se tali asset potranno essere identificati” ha dichiarato un analista del Guardian. Per questo motivo, i funzionari Ue dovranno affrontare un’altra futura missione: elaborare misure per scoraggiare questi Paesi dal sostenere la causa di Mosca, contro “cittadini europei, nonché a misure di salvaguardia per proteggere gli Stati membri dell’Ue con asset in Russia da espropriazioni illegali”.