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Washington affonda un’altra nave nei Caraibi. E Maduro ordina di scortare le petroliere che Trump vuole bloccare

Mosca, alleata di Caracas: "Le crescenti tensioni sono molto pericolose". Intanto il Pentagono ha ordinato l'affondamento di un'altra imbarcazione, che "stava transitando lungo una nota rotta del narcotraffico". A oggi sono circa cento le persone uccise nei raid Usa nell’Oceano Pacifico orientale e nei Caraibi
Washington affonda un’altra nave nei Caraibi. E Maduro ordina di scortare le petroliere che Trump vuole bloccare
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Per il Cremlino, storico alleato di Caracas, le crescenti tensioni sul Venezuela siano potenzialmente “molto pericolose”. Ma gli Stati Uniti proseguano l’accerchiamento e non allentano la pressione sul regime di Maduro, anzi: il 17 dicembre, ha reso noto su X lo Us Sothern Command, il Pentagono ha ordinato l’affondamento di un’altra imbarcazione, che “stava transitando lungo una nota rotta del narcotraffico nel Pacifico orientale ed era impegnata in operazioni di narcotraffico. In totale, quattro narcoterroristi sono stati uccisi e nessun militare statunitense è rimasto ferito”. Ordinato dal Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth, l’attacco porta a quasi cento il numero di persone uccise nei raid statunitensi da settembre su 26 imbarcazioni – riconosciuti da Washington – nell’Oceano Pacifico orientale e nei Caraibi. Mentre gli esperti legali hanno accusato gli Stati Uniti di aver condotto una campagna di esecuzioni extragiudiziali in acque internazionali, Trump ha giustificato gli attacchi come necessari per fermare il flusso di droga negli Stati Uniti proveniente dai cartelli della droga, in particolare quelli con sede in Venezuela.

L’ordine di Maduro di scortare le petroliere – Oltre al recente affondamento, la tensione rischia di salire ulteriormente nel Mar dei Caraibi, dopo che Maduro ha ordinato alla Marina militare di scortare le petroliere che Donald Trump ha minacciato di bloccare. Un’azione, quella americana, condannata anche da Teheran, che l’ha definita come “pirateria di Stato e rapina a mano armata in mare” e “bullismo sistematico e uso della forza” che viola il Diritto internazionale, la Carta delle Nazioni Unite e i principi di libertà di navigazione e commercio internazionale. A scriverlo è il New York Times: cita fonti informate che spiegano come nelle ore immediatamente successive al post di minacce del presidente americano diverse navi siano salpate dal Venezuela verso l’Asia scortate da imbarcazioni della Marina di Caracas. Nessuna delle navi commerciali salpate figurerebbe però nella lista delle petroliere sanzionate dagli Usa, come parte della flotta che gestisce il mercato nero del petrolio venezuelano verso la Cina, nei confronti delle quali Trump ha circostanziato la sua minaccia di blocco. In particolare sono tre le navi salpate ieri dal porto di José, una carica di prodotti chimici e due di prodotti petroliferi, con la scorta della Marina militare. Washington è al corrente di questo sviluppo e sta valutando diverse possibili linee di azione, aggiunge il Times rivelando che l’annuncio del blocco da parte di Trump ha colto di sorpresa i vertici del Pentagono e il quartier generale del Southern Comand in Florida, che supervisione le operazioni nei Caraibi. Ieri infatti i vertici militari si sono affrettati a convocare una riunione per stabilire come gestire la nuova situazione, considerato che tradizionalmente l’utilizzo di forze militari per imporre un blocco navale viene considerato un atto di guerra. Il fatto che Trump ha però limitato l’azione alle navi sanzionate dagli Usa sta creando confusione all’interno dell’amministrazione su chi dovrebbe guidare l’azione, se i militari o le agenzie che dipendono dal dipartimento della Sicurezza Interna, come la Guardia Costiera.

Se Maduro continuerà ad ordinare alla Marina militare di scortare le navi commerciali salpate dal Venezuela, questo rischia di aumentare la possibilità di uno scontro militare in alto mare tra Washington e Caracas, dopo mesi di tensioni iniziate a settembre quando l’amministrazione Trump ha avviato il massiccio dispiegamento di forze navali di fronte alle coste venezuelane e i raid letali, da molti esperti considerati illegali, contro imbarcazioni definite di narcotrafficanti. Le mosse di Trump rientrano in un’enorme campagna di pressione militare per costringere Maduro a lasciare il potere, a cui ora si aggiunge l’inasprimento di quella economica con l’annunciato blocco delle esportazioni petrolifere che sono il pilastro della cronicamente in crisi economia venezuelana. Alcuni in Sud America avanzano l’ipotesi che Trump stia provocando Maduro per creare un episodio violento che possa essere il casus belli che giustifichi un intervento militare Usa in Venezuela. Senza contare che con l’ultimo post di minacce Trump, che da mesi sostiene insieme alla sua amministrazione che l’operazione in Venezuela è tesa a colpire il narcoterrorismo, fa esplicitamente riferimento al fatto che gli Usa continueranno le operazioni militari fino a quando il Venezuela “ci restituirà tutto il nostro petrolio, terra e asset che ci hanno rubato”, con un riferimento alle nazionalizzazioni del petrolio negli anni settanta e poi ancora con l’avvento di Hugo Chavez nel 1999.

Da mesi Maduro e il governo venezuelano affermano che il vero obiettivo di Trump è il petrolio del Venezuela, come viene è stato ribadito nella lettera che ieri l’ambasciatore venezuelano all’Onu, Samuel Moncada, ha inviato al segretario generale Antonio Guterres per chiedere l’intervento “urgente” del Consiglio di Sicurezza contro “l’aggressione aperta e criminale” che costituisce “un piano colonialista” e un “gigantesco atto di estorsione”. “Il governo statunitense reclama come sua la più grande riserva petrolifera del mondo, in quello che sarebbe uno dei più grandi atti di spoliazione della storia dell’umanità”, denuncia ancora Caracas riferendosi al post “assurdo” di Trump e al “delirio” dei suoi ultimatum. “Il presidente degli Stati Uniti sta violando impunemente e di fronte al mondo intero la nostra sovranità nazionale, l’integrità nazionale, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica”.

Bambini per difendere il Venezuela – Per difendere Caracas da possibili attacchi stranieri, il governo del presidente de facto Nicolas Maduro, sta formando brigate di civili, una delle quali prevede l’impiego di bambini e giovani, con lo slogan ‘Ogni casa è una caserma. Ogni famiglia, un’unità di resistenza‘. La strategia rientra nel ‘Manuale di difesa popolare‘, redatto da Yhony Ríos, portavoce principale della Commissione di difesa territoriale del Consiglio contadino di La Juanera a Naguanagua, nello Stato di Carabobo. Il documento si rivolge ai “consigli contadini e comunitari e alle milizie popolari di Carabobo e di altre regioni del Paese”. Secondo l’ideatore, l’obiettivo di queste brigate della Milizia popolare bolivariana per la Difesa integrale di quartiere o rurale è quello di organizzare la popolazione per proteggere il territorio, le vite e le risorse locali da qualsiasi minaccia, non solo dal punto di vista militare, ma anche in settori come l’alimentazione, le comunicazioni e la salute. Per difendere la Rivoluzione bolivariana, utilizzando i civili, il manuale sottolinea che le vere armi del popolo includono “semi autoctoni, radio, cucine comunitarie, libri, machete e murales informativi”.

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