
Il piano di Bruxelles per l'ingresso rapido dell'Ucraina nell'Ue potrebbe trasformare un conflitto locale in una guerra continentale
di Francesco Valendino
C’è qualcosa di davvero commovente nell’ottimismo dei nostri eurocrati. Mentre l’economia tedesca affonda, la Francia è politicamente paralizzata e i governi europei cadono come birilli, a Bruxelles hanno trovato la soluzione a tutto: imbarcare l’Ucraina nell’Unione Europea entro il 1° gennaio 2027. Non un giorno di più.
La notizia, spifferata dal Financial Times, svela l’ultima genialata partorita sull’asse Kiev-Bruxelles per ingraziarsi il nuovo padrone, Donald Trump. Il piano è semplice e, come tutte le cose semplici pensate dai complessi burocrati europei, demenziale: offriamo a The Donald una via d’uscita. Lui non deve spendere più un dollaro per Zelensky, e in cambio noi ci accolliamo la ricostruzione, i debiti e la difesa di un Paese in guerra, facendolo entrare nell’Ue a tempo di record.
Siamo di fronte al capolavoro dell’ipocrisia. Per decenni, la solenne Commissione Europea ci ha fatto una testa così con il “merito”. La Turchia aspetta dal secolo scorso, i Balcani occidentali sono in sala d’attesa da vent’anni, costretti a misurare la curvatura delle banane e a riformare i codici civili fino all’ultima virgola per aprire mezzo capitolo negoziale. Per l’Ucraina, invece, vale il telepass. Dei 36 capitoli negoziali necessari – che richiedono riforme strutturali ciclopiche in un Paese che, prima dell’invasione russa, Transparency International classificava come il più corrotto d’Europa dopo la Russia – Kiev non ne ha chiuso nemmeno uno. Ma che importa? Quando la geopolitica chiama, lo Stato di diritto risponde: “Obbedisco”.
La parte più esilarante, però, è il metodo. Per far passare questa follia serve l’unanimità, e c’è quel guastafeste di Viktor Orban che continua a dire niet. E qui i nostri atlantisti “de sinistra”, quelli che dipingono Trump come il nuovo Hitler, a chi si affidano? A Trump stesso. Il piano prevede che sia il tycoon americano a torcere il braccio all’amico Orban per costringerlo a dire sì. Siamo al cortocircuito: l’Europa “dei valori” prega il mostro arancione di usare metodi da gangster per violare le proprie regole interne.
Ma c’è un dettaglio che i nostri strateghi da aperitivo fingono di ignorare. L’articolo 42.7 del Trattato dell’Unione Europea. È la clausola di mutua difesa, che è persino più vincolante dell’articolo 5 della Nato: obbliga gli Stati membri a prestare aiuto “con tutti i mezzi in loro potere” a chi viene aggredito. Traduzione per i non addetti ai lavori: se l’Ucraina entra nell’Ue mentre è in guerra o in una tregua armata, e Putin spara un petardo oltre il confine, l’Italia, la Francia e la Germania sono giuridicamente in guerra con la Russia.
Ecco il vero “piano di pace”: trasformare un conflitto locale in una guerra continentale automatica. E tutto questo viene venduto come un compromesso. Mosca, ci dicono, dovrebbe accettare di buon grado. Peccato che al Cremlino sappiano leggere i trattati meglio di Von der Leyen. Offrire alla Russia un’Ucraina nell’Ue ma fuori dalla Nato è come offrire a un diabetico una torta alla panna dicendogli che è senza zucchero perché sopra non c’è la ciliegina.
La perseveranza è una virtù, ma l’idiozia è un vizio. E a Bruxelles sembrano averne fatto una dottrina politica.