Sono tra chi ha denunciato Crosetto di complicità: gli insulti ad Atreju mostrano il suo vero volto
Tra i vari meriti della denuncia che ho presentato insieme a un gruppo di giuristi prima alla Procura di Roma e poi alla Corte penale internazionale contro Crosetto, Meloni e Tajani – con l’ulteriore aggiunta, nella seconda fase, dell’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani – c’è stato anche quello di far emergere il vero volto di Crosetto dalla crosta di bonomia e moderazione di cui il ministro si era a lungo ammantato, in modo invero efficace al punto tale da suscitare, in varie occasioni, sentimenti di autentica simpatia perfino in un vecchio comunista incallito e fino a un certo punto smaliziato come il sottoscritto.
Ora Crosetto fa fuoco e fiamme, in un’intervista rilasciata ad Atreju al direttore Travaglio, insultando volgarmente (“schifosi”) chiunque abbia osato “affiancare” il suo nome e quello della sua capintesta Meloni al termine di genocidio e minacciando, con fare oltremodo intimidatorio, addirittura pene vita natural durante e chissà magari anche in perpetuo, forse suggerendo a un ipotetico Dante Alighieri dei giorni nostri che fosse però, a differenza dell’originale, estremamente ligio al potere, la creazione di una nuova bolgia infernale di calunniatori/diffamatori dell’autorità costituita.
Non ci siamo, caro Crosetto. Ovviamente nella nostra denuncia non c’è stato nessun elemento di astio personale, ma i suoi destinatari sono stati prescelti sulla base di una rigorosa identificazione giuridica delle competenze esercitate, avendo di mira una situazione strutturale che ha portato il nostro Paese, in chiaro contrasto con la stragrande maggioranza della sua popolazione come chiaramente dimostrato da scioperi, manifestazioni e sondaggi, a costituire il terzo fornitore a livello mondiale di Israele e del governo Netanyahu che, come sta venendo accertato dalle massime giurisdizioni mondiali, si stanno rendendo colpevoli di genocidio, crimini di guerra, crimini contro l’umanità e apartheid nei confronti del popolo palestinese, da quasi settant’anni almeno assoggettato a un disumano regime di occupazione militare che comporta la totale negazione del fondamentale principio di autodeterminazione. Né tale appoggio, che è politico ma soprattutto militare, è terminato o si è anche solo attenuato dopo i luttuosi fatti del 7 ottobre 2023 che hanno determinato l’avvio della fase del genocidio conclamato, nonostante goffe e ridicole smentite da parte dei responsabili, subito sbugiardati dai fatti e da dati ufficiali.
Un appoggio dovuto per le ben note e sempre più sciagurate sudditanze internazionali di stampo occidentale e atlantico del nostro Paese, ma chiaramente confliggenti col diritto internazionale e la Costituzione italiana, a meno che dell’uno e dell’altra non si voglia molto dare una lettura mistificatoria e che, tajanescamente, si spinga solo fino a un certo punto, quello che ovviamente conviene al nostro fraudolento governo.
Capisco che Crosetto si sia potuto umanamente sentire ferito dall'”affiancamento” del suo nome alla cruda parola del genocidio, ma da uno statista, cosa che Crosetto evidentemente non è, ci saremmo potuti aspettare qualcosa di più di un ringhio sordo e minaccioso. Si tratta di un’ipotesi giudiziaria che si basa su norme precise, l’art. III lettera e della Convenzione delle Nazioni Unite cui l’Italia ha dato attuazione con legge n. 153 del 1952, e su dati di fatto inconfutabili, solo in parte contenuti nella denuncia alla Corte penale internazionale, dato che fra l’altro se ne aggiungono continuamente di nuovi. Elementi concreti di giudizio da cui è purtroppo obbligatorio desumere un fattivo e per nulla trascurabile contributo italiano alla criminale macchina sterminatrice israeliana, che in poco più di due anni ha determinato la morte per soppressione violenta o negazione dolosa dell’accesso a beni essenziali per la vita di almeno 70mila Palestinesi residenti a Gaza, in buona parte bambine e bambini.
E di questa complicità, in uno Stato e in un ordinamento internazionale basati sul diritto, qualcuno deve pur rispondere. E trattandosi di complicità di Stati in crimini di Stati ne deve rispondere chi è investito delle responsabilità decisionale nei settori implicati (difesa, esteri, coordinamento spettante alla presidenza del Consiglio) ovvero è titolare, come Cingolani, dei poteri di scelta inerenti alla principale azienda del complesso militare-industriale italiano.
Abbastanza risibili le altre argomentazioni addotte da Crosetto nell’intervista di Travaglio. La meritoria beneficenza fatta a qualche centinaio di persone non può controbilanciare il contributo dato all’assassinio di decine di migliaia.
La denuncia di Crosetto, se alla fine l’ha fatta, non ha la benché minima possibilità di essere accolta da parte della magistratura, neanche se quest’ultima dovesse essere ridotta a un ufficio di scribacchini zelanti esecutori delle direttive del potere, com’è nei voti del prossimo referendum sulla separazione delle carriere. Se però la controversia dovesse in qualche modo approdare davanti a qualche giudice, avremmo finalmente la possibilità di ottenere quel pronunciamento giurisdizionale nella materia de qua dal quale sono finora purtroppo rifuggiti altri giudici. Di questo ti ringraziamo, caro Crosetto.