
Il presidente dell'Aia è accusato di presunte pressioni legate al cambio degli organi tecnici di Serie C e Serie D. Sullo sfondo il progetto della Figc che vuole un nuovo soggetto da dare in mano a Gianluca Rocchi
Puntuale come aveva previsto Il Fatto, è arrivato prima di Natale il deferimento per il presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, Antonio Zappi : il n.1 dei fischietti è accusato dalla Procura federale di presunte pressioni legate al cambio degli organi tecnici di Serie C e Serie D. Un’inchiesta ad orologeria dietro cui, oltre ad una certa ingenuità del diretto interessato e le solite faide intestine all’Aia, sembra nascondersi l’ennesima manovra politica per mettere le mani sulla classe arbitrale italiana.
Dopo essere stato eletto, per far posto a Orsato e Braschi – due grandi ex arbitri, che lui appena eletto voleva coinvolgere nel suo nuovo progetto alla guida dell’Aia – Zappi ha “suggerito” ai dirigenti in carica (Maurizio Ciampi e Alessandro Pizzi) di dimettersi, prospettando loro soluzioni alternative. Questi poi sono diventati i suoi principali accusatori, in un’indagine che presenta diverse stranezze (le versioni contrastanti fornite dal denunciante; il ruolo di Viglione, avvocato e uomo ombra della Figc: a lui, e non alla Procura, arriva l’esposto, a lui si rivolge Ciampi dopo aver parlato con Zappi), e che contesta il solito, fumoso art. 4 del codice di giustizia, quello sulla “lealtà sportiva”. In sede di audizione, Zappi aveva chiesto il patteggiamento, che però è stato rifiutato dal procuratore Chiné. Evidentemente la Federazione punta ad una maxi-squalifica per defenestrare Zappi, un po’ come avvenuto già al tempo con Trentalange, costretto alle dimissioni per lo scandalo del procuratore D’Onofrio e poi assolto in tutte le sedi.
Sarà una casualità, l’inchiesta è entrata nel vivo dopo che il n.1 Aia ha espresso la sua contrarietà ai progetti di riforma di Gravina. La Figc vorrebbe creare un nuovo soggetto (la cosiddetta PGMOL, Professional Game Match Officials Limited, sul modello inglese) sotto cui far confluire l’élite arbitrale, circa 20 fischietti professionisti, quindi praticamente solo la Serie A: una vera e propria società, con soci la Figc e la Lega Calcio (non l’Aia), la cui direzione tecnica sarebbe affidata probabilmente ancora a Gianluca Rocchi, l’attuale designatore e principale artefice dello sfacelo arbitrale italiano, vicino ai vertici federali e invece ormai in disgrazia all’interno della sua Associazione, dove a fine anno verrebbe sostituito (anche per sopraggiunti limiti di mandato). Zappi, in quanto presidente della vecchia Aia, è uno degli ultimi ostacoli e con lui fuori dall’associazione la svolta sarebbe più semplice.
Nonostante il deferimento, comunque, il presidente Aia non ha alcuna intenzione di mollare. Lo ha fatto capire chiaramente in una comunicazione agli associati, in cui ribadisce “la propria totale estraneità e piena legittimità dell’operato”, e per dimostrarlo si dice pronto a rendere pubblici tutti gli atti dell’inchiesta. “Resta ferma – conclude – la volontà di portare avanti un progetto tecnico fondato sulla qualità, sulla crescita e sulla valorizzazione dell’intero movimento arbitrale”. Questo almeno per il momento. Il tema è quanto riuscirà a resistere Zappi, quando dopo le feste al deferimento seguirà la condanna. A quel punto gli arbitri italiani, che in campo continuano a sbagliare ogni domenica, si ritroveranno pure con un presidente squalificato. Comunque vada, sarà un disastro.