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L’Europa vassalla degli Usa ora non sa cosa fare: la tragedia non è il disprezzo di Trump, ma l’incapacità d’azione

Trump ha lanciato una sfida letale all'Europa: indebolirla economicamente e umiliarla politicamente. Così si smascherano tutte le ipocrisie su cui si è retta l'alleanza atlantista post-1989
L’Europa vassalla degli Usa ora non sa cosa fare: la tragedia non è il disprezzo di Trump, ma l’incapacità d’azione
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Il nuovo documento di Strategia di Sicurezza Nazionale di Donald Trump non è una semplice critica all’Europa. È la prova tangibile di una verità geopolitica fondamentale: quando si è vassalli di una superpotenza, in questo esempio gli Usa, quando cambia il vento a Washington deve cambiare tutto anche da noi.

Ma questa volta, il cambiamento non è una semplice sterzata di politica estera. È un terremoto epocale, una trasformazione a 360 gradi che lascia l’Europa, abituata a ricevere ordini, nella posizione tragicomica di non sapere cosa fare quando l’ordine è: “Pensate con la vostra testa.”

Il disorientamento europeo, oggi palese, è la diretta conseguenza di un fallimento strategico di proporzioni storiche. Come è stato notato, l’Europa, Italia in prima fila, “ha fallito puntando sulla scommessa militare della vittoria dell’Ucraina sulla Russia a colpi di invii di armi e di spese militari”. Abbiamo confuso la solidarietà con una strategia, trasformando il sostegno a Kiev in una gigantesca scommessa bellica senza via d’uscita, svuotando arsenali e bilanci senza un piano politico.

In questo quadro, la dichiarazione di Giuseppe Conte – “lasciamo che a condurre il negoziato siano gli Stati Uniti” – assume un significato rivelatore. Non è solo un’ammissione di fallimento strategico europeo; è un atto di resa politica. Conte, nel constatare il disorientamento europeo, non propone un risveglio della sovranità continentale, ma si schiera di fatto dalla parte dell’America trumpiana. La sua posizione certifica che, per ampi settori della politica europea, l’unica alternativa al fallimento dell’atlantismo interventista di stampo Biden non è l’autonomia, ma un diverso tipo di vassallaggio: quello realista e isolazionista di Trump.

È la logica del vassallo che, tradito dal proprio signore in una guerra, si affretta a giurare fedeltà al signore rivale, pur di non dover reggere da solo il peso della propria difesa.

La diagnosi di Conte sul vicolo cieco europeo resta perfetta: “L’Europa è completamente disorientata, avevano solo una linea, la vittoria militare sulla Russia, hanno scommesso su questo e adesso non hanno nessuna alternativa.”

È questo il cuore della crisi. Per tre anni, Bruxelles e le capitali europee hanno rinunciato a qualsiasi pensiero strategico autonomo, affidandosi alla narrazione semplicistica di una vittoria militare come unica opzione. Hanno dato carta bianca a una logica di escalation, senza mai porsi la domanda fondamentale: e se non vincessimo?

Ora, con Trump alla Casa Bianca che smantella quella stessa strategia, l’Europa si ritrova come un pilota che ha bruciato tutto il carburante seguendo le indicazioni di una torre di controllo che ora gli dice: “Trovati un altro aeroporto, noi chiudiamo.” Il governo italiano, come molti suoi omologhi, è emblematico di questo cortocircuito: dopo aver puntato tutto su un cavallo, ora attende passivamente di vedere su quale podio salire, pur di non ammettere la sconfitta della propria visione.

La reazione dell’establishment atlantista alle critiche è stata istruttiva. Invece di un esame di coscienza, abbiamo assistito a una recita difensiva che bolla come “inaccettabili e irresponsabili” le affermazioni che mettono in discussione la strategia militare, ribadendo il mantra che “non si tratta di una scommessa… ma di sostenere la resistenza”.

Peccato che sia proprio questa distinzione semantica a essere crollata sotto il peso dei fatti. Sostenere la resistenza, senza un obiettivo politico chiaro e realistico, diventa una scommessa. Una scommessa costosissima, pagata con risorse sottratte alle vere emergenze nazionali: il crollo della produzione industriale, gli stipendi erosi, le tasse in aumento, le liste d’attesa sanitarie, l’insicurezza delle strade.

La proposta di risposta – più integrazione europea, più difesa comune – suona come la richiesta di avere più dosi della stessa medicina che ci ha portato allo stallo attuale. È l’illusione che il problema sia la quantità di Europa, non la sua qualità strategica. Il vero “cortocircuito” è quello di chi vede la debolezza europea e propone come soluzione di cedere ancora più sovranità a un’entità che ha appena dimostrato un fallimento strategico monumentale.

Le dichiarazioni di Trump e le reazioni scomposte rivelano uno spartiacque. Da una parte c’è chi riconosce l’impossibilità di una vittoria militare e invoca una posizione europea “più negoziale” e un’autonomia reale. Dall’altra, c’è chi rimane aggrappato al dogma interventista, anche di fronte all’evidenza del suo fallimento e al tradimento del proprio protettore d’oltreoceano.

Trump ha lanciato una sfida letale all’Europa: indebolirla economicamente e umiliarla politicamente, mentre le intima di diventare autonoma. La trasformazione è a 360 gradi perché smaschera tutte le ipocrisie su cui si è retta l’alleanza atlantista post-1989: l’Europa non è un alleato alla pari, ma un vassallo; la sua sicurezza non è un interesse vitale americano, ma un costo da ridurre.

L’Europa non sa come gestire questa trasformazione perché per decenni ha disimparato a pensare in termini di interessi nazionali e realpolitik. Ha scambiato l’obbedienza per strategia. La data del 2027 fissata dal Pentagono per la nostra “autonomia” suona ora come una condanna. Siamo come vassalli a cui il signore feudale, dopo averli impoveriti con tasse per una guerra inutile, restituisce un feudo devastato dicendo: “Ora arrangiatevi.”

La tragedia non è il disprezzo di Trump, ma la nostra incapacità di raccogliere la sfida. Dobbiamo scegliere: continuare a essere vassalli di un impero che ci disprezza, o diventare finalmente architetti del nostro destino, cominciando dal riconoscere che la pace in Ucraina non è una sconfitta, ma l’unico interesse razionale per un continente che ha smarrito la bussola e sta bruciando le proprie risorse in una scommessa già persa.

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