L’inchiesta sulla maxi discarica abusiva a Brescello e i timori degli abitanti che chiedono chiarimenti: ma a rassicurarli è uno dei tecnici indagati
Dice un cartello ormai logoro e sbiadito, davanti alla recinzione dell’immensa area di Brescello destinata, nell’ambizione dei proprietari, ad un grande polo provinciale della logistica intermodale: “Costruire il domani”. Ma il domani è un incubo per i cittadini della zona che si sono svegliati con la notizia del sequestro e delle perquisizioni disposti dalla Procura di Reggio Emilia. Nella spianata che si affaccia su via Peppone e Don Camillo (oltre 250mila metri quadri di suolo) già sono visibili lo scheletro in cemento e la copertura dei grandi capannoni che i proprietari della Dugara SpA, Franca Soncini e il figlio Claudio Bacchi, sognano di rendere operativi almeno dal gennaio 2012, quando iniziarono i lavori di urbanizzazione, mai conclusi correttamente, secondo la procura.
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E sono ben visibili, gettando lo sguardo a terra, anche le scorie di acciaieria e di fusione con cui è stata pavimentata l’area. Scorie e materiali che secondo i magistrati Calogero Gaetano Paci (Procuratore) e Giulia Galfano (Sostituta Procuratrice) sarebbero il frutto di uno smaltimento illecito. Più di 910mila tonnellate di rifiuti, seppelliti sull’intera area e in parte ancora a cielo aperto, con una conformazione granulare simile alle piccole pietre laviche. “Se ci vai con una calamita – dice al ilfattoquotidiano.it un esperto – vedrai quante se ne attaccano!”.

È però sotto terra che si sarebbero prodotti i danni maggiori, perché le indagini effettuate dai Carabinieri dei Nuclei Radiomobile e Ambientale hanno documentato concentrazioni di ferro e arsenico superiori “in modo rilevante” ai limiti di legge. Non solo una discarica abusiva dunque, ma anche un significativo inquinamento. Le acque sotterranee sono “compromesse e deteriorate” secondo quando reso noto dalla Procura reggiana. A che profondità ciò avvenga è la domanda fondamentale per la sicurezza dei cittadini e delle attività nella zona. Il grande rettangolo di proprietà della famiglia Bacchi è affiancato a est dalla sede brescellese di un consorzio agricolo che vende frutta e verdura. A ovest, a duecento metri di distanza, un gruppo di abitazioni con diverse famiglie non ha allacciamenti idrici con la rete provinciale e l’acqua nelle tubature arriva da pozzi artesiani.
La preoccupazione è legittima e una famiglia in prossimità della linea ferroviaria Parma Suzzara, oltre la quale si apre la spianata della Dugara SpA, ha raccontato a ilfattoquotidiano.it di avere telefonato giovedì 11 dicembre al presidio territoriale di Arpae, l’ente pubblico della regione Emilia Romagna che ha compiti di vigilanza, prevenzione e controllo sull’ambiente. Volevano informazioni e hanno ottenuto rassicurazioni dal responsabile di zona (Novellare – Re) sul fatto che l’acqua alle profondità in cui pescano i pozzi artesiani non risulterebbe contaminata. Peccano che a darle, queste rassicurazioni, sia stato uno dei cinque tecnici dell’Agenzia indagati dalla Procura. Dipendenti pubblici che avrebbero attestato il falso nei rapporti conclusivi dei controlli effettuati sulle acque sotterranee, scrivendo che i superamenti dei livelli ammessi per ferro e arsenico, anche di rilevante entità, erano di origine naturale, legati alle caratteristiche geochimiche del terreno e non alla discarica abusiva. I cinque tecnici della sezione di Reggio Emilia sono accusati di falso ideologico in atti pubblici, del concorso e della continuità nel reato, con l’aggravante della violazione di norme a tutela dell’ambiente. Dovranno rispondere anche di inquinamento ambientale assieme al professionista incaricato dalla Dugara SpA di predisporre i piani di monitoraggio delle acque sotterranee. L’altro tecnico indagato è l’architetto Fabrizio Bo, coordinatore della progettazione del polo logistico nel 2012, incaricato da Claudio Bacchi e dalla madre di scrivere gli atti da presentare al comune di Brescello per le opportune concessioni. L’attuale sindaco Carlo Fiumicino prende decisamente le distanze dal progetto del polo logistico sostenendo che la sua Amministrazione comunale ha sempre espresso parere contrario perché il centro intermodale “sarebbe stato la pietra tombale per il Comune, con infrastrutture stradali collassate di tir e salute dei cittadini compromessa”.

Non la pensavano così amministratori del passato e di altri comuni emiliani e mantovani a ridosso del fiume Po. I Bacchi e la storica azienda fondata da Aladino (marito di Franca Soncini, deceduto nel 2015 a 99 anni) hanno fatto il bello e il cattivo tempo lungo le rive del fiume scavando sabbia dal suo alveo, nonostante le tantissime vicende giudiziarie contro le quali hanno inciampato. L’interdittiva antimafia del prefetto Antonella De Miro, nel 2011, impediva di fatto alla Bacchi SpA di lavorare per la costruzione della tangenziale di Novellara (Re), ma l’allora presidente della Provincia Sonia Masini, colpevole di avere emesso il provvedimento (dovuto) che recepiva quella interdittiva, subì duri attacchi politici anche all’interno del suo partito (il Pd). E sull’altra riva del Po, a Viadana, c’è un luogo tristemente noto come “Cava Caselli” dove la Bacchi SpA estraeva sabbia per la tangenziale Cispadana, prima di abbandonarlo al suo destino. Nonostante le tante denunce di un consigliere comunale, Silvio Perteghella, e l’apertura di fascicoli giudiziari e amministrativi, sono trascorsi già 26 anni senza che nessuno abbia realmente pagato per il presunto danno ambientale prodotto in quella cava.