Trump in tour per convincere gli elettori che il costo della vita è sotto controllo e “i prezzi scendono”. Ma i dati lo smentiscono
“America is back”. “I prezzi stanno calando molto”. “Stiamo battendo l’inflazione che hanno creato” i democratici. “L’industria dell’acciaio è salva”. Donald Trump mercoledì ha iniziato dalla Pennsylvania un tour per gli Stati Uniti che secondo Axios dovrebbe continuare fino alle elezioni di midterm del prossimo anno. Obiettivo, convincere gli americani che il loro problema più sentito, la cosiddetta “affordability” – vale a dire il costo della vita fuori controllo – è una bufala. A dispetto di quel che dice il conto in banca. Vasto programma e segno di un nervosismo crescente alla Casa Bianca. Mentre l’Europa fa i conti con l’ufficializzazione del disprezzo trumpiano nei confronti dei suoi leader, sul fronte interno i sondaggi indicano infatti un consistente calo di fiducia nella gestione economica del tycoon. E molti analisti ritengono che le difficoltà dei Repubblicani alle elezioni di novembre siano state determinate proprio dalle preoccupazioni persistenti sull’inflazione.
Il punto è che, anche se l’economia statunitense continua a crescere a ritmi solidi grazie alla spinta dei maxi investimenti in infrastrutture per l‘intelligenza artificiale, milioni di famiglie continuano a fare i conti con scontrini della spesa, bollette e prezzi del pieno in aumento o stabili su livelli insostenibili. “I nostri prezzi stanno scendendo enormemente”, ha sostenuto il presidente parlando ai sostenitori in un casinò di Mount Pocono, contea che nel 2024 è tornata a votare per i repubblicani contribuendo a fargli riconquistare lo swing state e rientrare alla Casa Bianca. Ma a sostenere la tesi non c’è alcuna evidenza. Anzi, i numeri dicono l’esatto contrario: a settembre, ultimo dato disponibile, il tasso di inflazione su base annua è salito al 3% – altro che prezzi in calo – e l’indice alimentare del 3,1%. “Tutto sta aumentando”, conferma un pensionato sentito dal New York Times, che racconta di arrivare a fine mese insieme alla moglie solo grazie ai buoni sconto e scegliendo i prodotti meno costosi. Mentre una sarta racconta l’aumento choc delle zip cinesi che era solita comprare su Amazon: sono rincarate da 8-10 dollari al pezzo a 24,99. “Mi offende“, commenta, che Trump “dica che la crisi dell’affordability è una farsa. Probabilmente non ha mai pagato una bolletta dell’elettricità o comprato da mangiare”.
Tra l’altro la tesi che sul fronte dei prezzi alimentari la situazione sia sotto controllo cozza con l’annuncio arrivato dalla Casa Bianca solo il 6 dicembre, quando Trump ha ordinato al Dipartimento di Giustizia e alla Commissione federale per il Commercio di indagare sulla filiera alimentare per individuare potenziali cartelli sui prezzi e altri comportamenti che possano aumentare in maniera scorretta i costi di carne, semi e fertilizzanti. Principali indiziate, ovviamente, le aziende straniere colpevoli di “stritolare” famiglie e agricoltori.
Ma l’indicatore cruciale, nel Paese in cui suv e pick up sono i mezzi di trasporto più popolari, è il prezzo del pieno. Ora: come ha ricordato il presidente nell’intervista di martedì a Politico, durante la quale si è dato un voto “A+++++” in economia, sotto Biden i prezzi alla pompa erano saliti complice l’invasione russa dell’Ucraina fino a 5 dollari al gallone. Ben sopra la media attuale che è appena scesa poco sotto i 3 dollari. Ma il tycoon e il suo entourage non si accontentano della realtà e pur di abbellire il quadro e sostenere che la strategia del “drill, baby, drill” funziona ricorrono a dati palesemente falsi. Sostenendo – lo ha fatto Trump stesso riprendendo le parole dette alla Cbs dal numero uno del National Economic Council Kevin Hassett, probabile successore di Jerome Powell alla guida della Fed – che in diversi Stati le quotazioni sono “a 1,99 dollari al gallone”. Affermazione che non trova alcun riscontro nelle rilevazioni ufficiali disponibili online per tutti i cittadini.
A controprova del sostanziale disinteresse di Trump riguardo all’effettivo benessere dei consumatori c’è anche la mai abbandonata intenzione di smantellare il Consumer Financial Protection Bureau, organismo creato dopo la crisi del 2008 per vigilare su banche e finanziarie a tutela dei clienti. Nei giorni scorsi il suo ex direttore Richard Cordray su Substack ha ricordato che l’agenzia, finita nel mirino del (nel frattempo a sua volta soppresso) Doge di Musk e poi al centro di una guerra a colpi di carte bollate per evitarne l’abolizione, ha dovuto sospendere gran parte delle azioni contro società finanziarie accusate di abusi mentre il nuovo direttore facente funzioni Russell Vought fa di tutto per licenziare mille funzionari e “sabotare” il sistema che gestisce i reclami dei cittadini.
Intanto la minacciata – e in parte realizzata – guerra commerciale dichiarata durante il “Liberation day” è ben lungi dall’aver aperto la strada alla promessa età dell’oro caratterizzata da salari più alti e prosperità diffusa. Alcuni comparti stanno soffrendo pesanti danni, tanto da rendere necessari ingenti investimenti solo per risarcire chi ha subito perdite. Nei giorni scorsi la Casa Bianca ha annunciato un pacchetto di aiuti da 12 miliardi per gli agricoltori, affossati dai costi crescenti di semi e fertilizzanti e dalla drastica riduzione dell’import di soia da parte della Cina prima che i due Paesi siglassero una tregua. Il segretario al Tesoro Scott Bessent ha parlato di “liquidità ponte” per superare un “periodo di aggiustamento” fino al manifestarsi dei benefici delle politiche trumpiane. Per ora, la descrizione più accurata è che gli introiti arrivati dall’aumento delle tariffe vengono impiegati per mettere una pezza ai problemi causati dalle tariffe stesse.