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Urbanistica a Milano, sequestrato anche il cantiere della torre Unico-Brera: 27 indagati

Il progetto appare simile a quello di altri già finiti sotto sequestro: la trasformazione di due ruderi settecenteschi di 5 e 3 piani, demoliti nel 2006, in una torre di 11 piani per oltre 34 metri, 27 appartamenti e 45 abitanti potenziali
Urbanistica a Milano, sequestrato anche il cantiere della torre Unico-Brera: 27 indagati
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Lo scandalo urbanistica a Milano continua ad allargarsi. L’ultimo capitolo riguarda il sequestro preventivo del cantiere Unico-Brera disposto dal gip di Milano, Mattia Fiorentini, e iniziato nella mattinata di giovedì. La Guardia di Finanza ha eseguito il provvedimento nella centralissima via Anfiteatro 7, dove si sarebbe dovuto nascere il progetto dei costruttori Carlo e Stefano Rusconi. Un progetto simile ad altri già finiti sotto sequestro: la trasformazione di due ruderi settecenteschi di 5 e 3 piani, demoliti nel 2006, in una torre di 11 piani per oltre 34 metri, 27 appartamenti e 45 abitanti potenziali. Sono 27 gli indagati per abusi edilizi, lottizzazione abusiva e falso fra imprenditori, architetti, ex componenti della commissione per il paesaggio e funzionari comunali.

Tra coloro finiti nel registro degli indagati ci sono anche Marco Emilio Cerri, ex componente della commissione per il paesaggio destinatario di un’interdittiva per falso, a marzo, nell’inchiesta che ha portato all’arresto per corruzione e depistaggio dell’ex direttore dello Sportello unico edilizia, Giovanni Oggioni, anche lui tra i 27 sotto inchiesta per Unico-Brera. Ci sono poi i costruttori Rusconi, anche loro a giudizio per la Torre Milano di via Stresa, Franco Zinna, Andrea Viaroli, l’ex urbanistica Carla Barone, il notaio Fabio Gaspare Pantè, l’ex presidente della commissione per il Paesaggio, Marco Stanislao Prusiki, ed ex componenti fra cui Alessandro Scandurra, messo ai domiciliari e liberato in estate per assenza di gravi indizi nell’ambito delle indagini per corruzione sul “sistema Milano”.

Il processo di autorizzazione è simile a quello di molti altri palazzi finiti nelle inchieste dei pm meneghini. I lavori avrebbero dovuto completarsi quest’anno e sono stati autorizzati con una Scia, la Segnalazione certificata di inizio attività, come “ristrutturazione edilizia” nel 2019 e, successivamente, con un’altra segnalazione certificata di inizio attività in variante nel 2023. Ma su quell’area di edifici da ristrutturare, secondo la Procura, non ce n’erano più da quando i due ruderi erano stati definitivamente demoliti. Trattasi quindi di “un’area libera” perché demolita oltre 10 anni prima dell’avvio dei lavori, argomento su cui nelle scorse settimane i pm hanno incassato il via libera del Consiglio di Stato che ha stabilito fra i limiti della ristrutturazione la “contestualità” fra abbattimento e ricostruzione scrivendo come non si possa “ritenere” che da una “demolizione” esista una “sorta di ‘credito volumetrico’ che il proprietario può spendere in ogni epoca”.

Il progetto della torre, che visivamente si appoggia a un condominio di corso Garibaldi, aveva scatenato le proteste dei residenti con ricorsi a Tar Lombardia e Consiglio di Stato che però avevano visto uscire vittoriosi il Comune di Milano e i costruttori. I pm Paolo Filippini, Marina Petruzzella e Mauro Clerici approfondiscono il tema delle aree di proprietà pubbliche che tra 2007 e 2008 sono state inserite nei Piani di Alienazione e Valorizzazione del Comune (due fondi chiamati Milano 1 e Milano 2) e aggiudicati a BNP Paribas che a sua volta le ha cedute ai privati dopo essersi fatta rilasciare i pareri dalla commissione per il paesaggio. Pubblico sarebbe stato in origine il piccolissimo lotto di circa 400 metri quadrati in via Anfiteatro che collega corso Garibaldi all’Arena civica di Milano e al Parco Sempione su cui oggi insiste l’edificio costruito con un indice edificatorio di oltre 9 metri cubi per metro quadrato. Numeri che per la Procura avrebbero fatto scattare l’obbligo di piano attuativo per ‘tarare’ i servizi pubblici da realizzare in base ai nuovi abitanti. Così non è stato, però, con la tesi che l’intervento “non genera fabbisogno di nuove dotazioni” di servizi e quindi, di conseguenza, nemmeno il pagamento delle monetizzazioni, la voce più consistente degli oneri di urbanizzazione.

Il “prezzo di partenza” degli appartamenti sequestrati è di 660.000 euro, con “incrementi in base alla dimensione, all’affaccio e al piano, servizi e amenities inclusi”, si legge sul sito dell’iniziativa immobiliare. L’edificio, quasi completato, prevede la realizzazione e vendita di un bilocale, 2 trilocali, un appartamento su più livelli e 23 monolocali definiti modello “Unico”. Tra le contestazioni della Procura di Milano ci sarebbe anche la destinazione dell’area: il piccolo lotto su cui insistevano i due ruderi era stato acquisito dal Comune a prezzo di esproprio nel 1980 nell’ambito degli allora Piani di zona. Nel 2005 l’amministrazione lo avrebbe destinato a un progetto di “risanamento conservativo” per 9 case popolari all’interno di una disciplina che avrebbe vietato interventi senza piano attuativo o permesso convenzionato e messo dei limiti inderogabili di altezze, densità e standard minimi per la popolazione. Per i pm quelle regole sono ancora oggi in vigore perché sarebbero state mantenute nei successivi Piani di governo del territorio 2012 e 2020.

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