Da padre adottivo dico: non è con l’oscurantismo dello slogan Dio-Patria-Famiglia che si trovano soluzioni
di Claudio Pirola
Diventato nonno pochi giorni fa, con mia moglie (siciliana, io della provincia di Milano, sposati da 36 anni) abbiamo affrontato l’avventura di adottare due figli (uno proveniente in età già adulta dal Brasile, l’altro italiano con una forma di disabilità) prima della nascita di un terzo figlio biologico.
Con fatiche e determinazione abbiamo cercato di offrir loro, in un contesto assai eterogeneo che per noi ha sempre rappresentato un valore arricchente, un impegno di grande respiro che potesse senza pregiudizi contribuire ad una crescita serena, favorendo un’educazione con punti di riferimento, mappe di conoscenza prima che obblighi e vincoli con la sola finalità di sostenerli per quanto possibile nel costruirsi un avvenire. Con grande senso di libertà e responsabilità, favorendo confronto, liberi da ogni pregiudizio.
Una vita normale, fondata su valori nei quali crediamo e lontanissima da quel Dio-Patria-Famiglia che una cultura basata evidentemente su valori ben diversi dai nostri vorrebbe inculcarci. Come se un Dio sempre più sbandierato – e lo dico da cattolico che pur non avendo mai fatto parte di movimenti ha tratto ispirazione in particolare dal cardinal Martini e da Papa Francesco – sia il lasciapassare per creare condizioni assolutorie o, peggio ancora, di salvaguardia di presunte tradizioni. E c’è da chiedersi perché personaggi che hanno il compito istituzionale di essere inclusivi, nel pieno rispetto dei valori della Carta Costituzionale, si debbano arrogare il diritto – peraltro da pulpiti di dubbia coerenza – di impartire lezioni di moralità.
In tale contesto appare non solo fuori luogo ma anche offensivo il proclama fatto da ultimo in Aula dall’on. Rossano Sasso, già sottosegretario all’Istruzione del “governo dei migliori”, secondo cui il valore del ddl Valditara per la scuola trova fondamento appunto in Dio-Patria-Famiglia. Non è peraltro con l’oscurantismo basato sempre più su repressione anziché su confronto e dialogo atti ad interpretare i complessi cambiamenti in atto che si possano trovare soluzioni ai numerosi problemi legati all’istruzione e all’educazione, compresa quella sessuo-affettiva rispetto a cui vari Ministri della Repubblica hanno avuto parole dal mio punto di vista orripilanti in queste ultime settimane.
Anziché enunciare slogan risulterebbe più utile che i governanti si ponessero nella condizione di comprendere le ragioni per cui una famiglia vera fa sempre più fatica a formarsi e ad autosostenersi in un mondo dove il lavoro, la casa, le bollette, l’istruzione, l’assistenza medica sempre meno garantita dallo Stato, gli asili nido che mancano, gli stipendi proporzionalmente sempre più bassi, un vero piano casa che consideri i giovani studenti e non solo, i reiterati condoni che offendono chi paga le tasse e incentivano l’evasione, le mancate misure a fronte di una non più dilazionabile riconversione ecologica, il crescente incubo bellico a cui in particolare questo governo ci sta preparando rappresentano sempre più fattori di incertezza bloccanti.
E così l’Italia, un Paese sempre più anestetizzato in un contesto economico stagnante – se non fosse per i fondi Pnrr ormai alla fine che hanno dato ossigeno al Pil – non trova di meglio che discutere di “casa nel bosco”, referendum sulla giustizia sì/no (con reiterate spaccature una volta di più nella cosiddetta sinistra, come già avvenne per quello sull’art. 18), ddl Delrio, armi sì/no con contrasti sempre più evidenti all’interno dello stesso maggior partito di opposizione, dando l’idea che si è ben lontani dal potere costruire una vera alternativa di governo.
E non stupiamoci se poi tanti giovani perdono fiducia emigrando all’estero o sempre meno gente andrà a votare. In assenza di un Paese autorevole. Altro che sovranismo!