La doppia morale del Celtic: come sponsor la società di scommesse che ha mandato sul lastrico decine di persone
Non tutti i club sono uguali, né soprattutto vogliono essere percepiti come tali. Per alcuni, affiancare allo sport una certa consapevolezza sociale rappresenta un marchio distintivo sviluppato e consolidato lungo tutta la loro storia. Ad esempio il Celtic, che sin dalla sua fondazione nel 1888 come sostegno a una comunità cattolica di Glasgow ai limiti dell’indigenza, ha sempre sostenuto un certo tipo di ideali. Come accade ancora oggi con il supporto alla causa palestinese, e in questa sede poco importa conoscere quali siano le reali motivazioni della scelta. Da società con un certo tipo di attenzione ci si aspetta sempre qualcosa in più rispetto al resto. Pertanto la partnership – che dura dal 2016 – con Dafabet, azienda di scommesse on-line con un elenco di crimini e violazioni di legge lungo un chilometro, fa logicamente storcere il naso a molti, nonostante Dafabet non sia sponsor solo del Celtic ma anche di altre società della Premier League inglese. Solo che chi fa la morale, poi non dovrebbe utilizzarne un’altra per i propri fini, né tanto meno nascondersi dietro un atteggiamento ignavo.
Dafabet è illegale in numerosi paesi asiatici, è stata condannata per frode, ha mandato sul lastrico decine di persone e, recentemente, una delle sue ultime reincarnazioni, attraverso un sito visibile nel Regno Unito, appartiene a un gruppo che convoglia denaro verso la Russia, addirittura mediante banche sanzionate per il loro finanziamento alla guerra in Ucraina. Dafabet è un misto tra una matrioska e il videogioco Whac-A-Mole, quello nel quale si doveva colpire la talpa che sbucava da uno dei buchi sullo schermo. Scompare e riappare nel web senza soluzione di continuità, nascosta dietro a una coltre di fumo in una sala di specchi. Basti pensare che il marchio era detenuto da diverse società, ciascuna dotata di una licenza per operare in determinati paesi: una con sede nell’Isola di Man con licenza di gioco offshore nelle Filippine; un’altra a Curacao con mercato nel Regno Unito, Australia e Unione Europea; una terza a Malta e operante in Spagna e Brasile. Si tratta di un ginepraio per il quale servirebbe un articolo solo per elencare tutte le diramazioni. Il concetto però è semplice: Dafabet è una società di gioco d’azzardo online, pratica vietata o fortemente limitata (ad esempio con il divieto di pubblicità) in diversi paesi, che attraverso la sponsorizzazione di uno sport di ampio richiamo, aggira leggi e divieti pubblicitari piazzando il proprio nome su magliette, materiale promozionale e cartelloni pubblicitari negli stadi.
Creata da AsianLogic, una società fondata nel 2002 da tre cittadini di Hong Kong che rivestono posizioni chiave nel mondo dei casinò e del gioco d’azzardo (uno di questi, Tom Hall della Playtech, è stato condannato per profitti illeciti nell’ambito di una vendita di azioni di Betfair), Dafabet ha visto progressivamente crollare la propria reputazione (sul sito di recensioni TrustPilot oggi ha una media punti di 1.2 su 5) tra gli scommettitori. Conti chiusi subito dopo una vittoria dell’utente, somme congelate, richieste di prelievo cadute nel vuoto. Le vite di numerose persone rovinate con pochi clic. Senza contare i siti mirror e le scappatoie normative per eludere i blocchi, come accaduto in India quando, dopo essere stato classificato come sito fraudolento, ha continuato a operare attraverso un portale chiamato Dafanews che addirittura sponsorizzava squadre della Super League indiana. Oggi non è chiaro dove Dafabet.com possa operare legalmente, tra licenze scadute e un servizio clienti che rimanda a una non ben precisata società affiliata della Malesia, paese dove oltretutto il gioco d’azzardo online è illegale.
Come un virus, Dafabet viene bloccato da una parte e riappare in un altro punto. In tempi recenti AsianLogic, assieme a AsianBGE, ha cambiato nome, confluendo in un collettivo di aziende chiamato SportServe con sede a Malta. Dafabet è uno dei marchi inclusi nel pacchetto, e per il Regno Unito possiede una licenza con il nome commerciale VBet, marchio sanzionato in passato per riciclaggio di denaro e violazioni plurime delle leggi maltesi (fu condannato a pagare la più alta multa mai comminata dalla Financial Intelligence Analysis Unit di Malta, ovvero 733.160 euro). VBet appartiene al network dei fratelli armeni Vigen e Vahe Badalyan, titolari di una serie di società che spaziano dai casinò online ai cybersport, dalle criptovalute ai gioielli. Un impero che comprende una piattaforma di pagamento online linkato con, tra gli altri, la banca statale russa VTB Bank, soggetta a sanzioni finanziarie internazionali per aver contribuito a finanziare l’invasione dell’Ucraina; e a vari portali di gioco d’azzardo russi, tra cui quelli di proprietà del VK Group, azienda che fa capo a Gazprom, il cui CEO è il figlio del vice capo di gabinetto di Putin, Sergei Keriyenko, subentrato al padre dopo le sanzioni dell’Unione Europea. Lo scorso aprile VBet, sito gemello di Dafabet, si è visto congelare dalle autorità ucraine conti per 11 milioni di euro per evitare che il denaro prendesse la via della Russia.
L’insipienza delle società calcistiche, che non sono tenute a verificare la presenza del denaro proveniente dagli sponsor (e nemmeno sono stimolate a farlo, vista l’insaziabile fame di introiti sostanziosi), unita alla mancanza di controlli normativi per gli accordi di sponsorizzazione, creano un terreno fertile per la criminalità organizzata, fornendole una platea immensa, da sfruttare agganciandosi a marchi storici di portata globale. In Inghilterra si sta discutendo l’introduzione di un regolatore indipendente per gli accordi di sponsorizzazione. Nel frattempo, si continuerà con la doppia morale, o con nessuna morale.