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In Africa nessun adattamento al clima che cambia, se l’acqua non diverrà il fulcro della pianificazione

Dalla siccità nel Sahel ai conflitti in Somalia, la gestione dell'acqua determina la stabilità di intere nazioni africane
In Africa nessun adattamento al clima che cambia, se l’acqua non diverrà il fulcro della pianificazione
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Raramente le crisi africane sono innescate solo dalla politica. Spesso iniziano con l’acqua — troppo poca, troppo inquinata, condivisa in modo troppo iniquo. La siccità spinge i pastori ad abbandonare le proprie terre, le inondazioni spazzano via villaggi, mercati e scuole, le città in rapida crescita devono far fronte a sfide sanitarie e idrogeologiche apparentemente insormontabili. In tutte queste circostanze, le famiglie diventano più vulnerabili allo sgombero e alla migrazione forzata, alla fame e ai conflitti, alla miseria e al degrado.

Nel Sahel si sono verificati scontri tra agricoltori e pastori a causa del cambiamento delle precipitazioni. Nell’Africa meridionale, i rubinetti asciutti nelle città sempre più affollate hanno alimentato disordini e costretto al razionamento. Nel 2025, colera e insicurezza idrica hanno causato profonde crisi politiche in Zambia, Zimbabwe, Malawi e Mozambico. Intermittenze o interruzioni dei servizi idrici, assieme all’intasamento di latrine e pozzi hanno contaminato pozzi e fiumi — provocando epidemie che si sono risolte in crisi umanitarie e politiche. Carenza di cloro, ritardi nel rifornimento potabile di emergenza, enormi e diffuse disuguaglianze hanno scatenato le proteste, azzerando la fiducia nell’autorità.

In Ghana l’inquinamento fluviale prodotto dall’attività mineraria illegale ha causato frequenti ed estese interruzioni dei servizi idropotabili. Acque torbide, sporche e tossiche nei fiumi Pra e Ankobra hanno scatenato proteste sia contro gli operatori illegali sia nei confronti dei funzionari, considerati inetti se non complici. L’emergenza idrica si è trasformata in scontro con il governo.

L’alternarsi di alluvioni e siccità ha esacerbato la competizione per l’acqua sul confine tra Somalia e Kenya, che ha dovuto schierare i militari a difesa dei luoghi di accesso all’acqua. E si può continuare con Sudan e Tunisia, il Sudafrica che fronteggia da tempo una diffusa crisi idrica pur avendo intrapreso grandi investimenti, i conflitti tra usi idroelettrici e irrigui legati alla gestione delle grandi dighe come Kariba sullo Zambesi. Né va dimenticata la crisi irrisolta tra Etiopia, Sudan ed Egitto per la gestione della nuova GERD sul Nilo Azzurro. Ogni esempio sottolinea una semplice verità: quando la gestione dell’acqua fallisce, falliscono anche le economie e i contratti sociali.

Questa fragilità è strutturale. Quasi il 95 percento dei terreni agricoli africani è tuttora irrigato solo dalla pioggia e i raccolti sono perciò in balia delle bizze del meteo. La sicurezza idrica è sottoposta a pressioni crescenti e diversificate: demografia, economia, sviluppo, innovazione, clima che cambia. L’adattamento sarà impossibile se l’acqua non diventerà il fulcro della pianificazione, indirizzando sia gli interventi strutturali, sia le pratiche di gestione, i flussi finanziari e, soprattutto, i processi decisionali. Le comunità diventano più resilienti quando l’acqua viene conservata, gestita e condivisa equamente e quando l’uso del territorio avviene in modo consapevole e coerente.

Quando i campi diventano secchi o i rubinetti si aprono a vuoto, le famiglie per prime ne subiscono l’impatto, soprattutto le donne e le ragazze. Non in astratto, ma in ore di cammino, lezioni saltate e opportunità perdute. Unicef stima che donne e ragazze trascorrano circa 200 milioni di ore ogni giorno a raccogliere l’acqua, tutto tempo rubato all’istruzione o al lavoro. In materia di servizi igienico-sanitari i progressi sono modesti: nessun paese africano è sulla buona strada per realizzare l’accesso universale a servizi igienico-sanitari sicuri entro il 2030.

Non sono i tubi a dare dignità, ma le persone. I servizi idrici efficienti, sostenibili e stabili nascono dalla partecipazione di una comunità nel definire le priorità, dalle tariffe eque e chiare, dalla reale possibilità degli utenti di far sentire la propria voce. Se la politica vuole riflettere la realtà quotidiana della gente, deve garantire standard idonei alle condizioni idriche locali, congrui bilanci per la manutenzione a lungo termine, informazioni accessibili e affidabili. Ogni euro investito in acqua e servizi igienico-sanitari restituisce circa quattro euro in benefici sociali ed economici, attraverso risparmi di tempo, migliore salute e maggiore produttività.

L’innovazione gioca un ruolo importante, ma funziona meglio quando è radicata nel contesto. Strumenti semplici come la filtrazione a piccola scala, il rilevamento delle perdite, il pompaggio eolico e solare e il riuso dell’acqua si possono diffondere rapidamente se abbinati alla formazione e alle imprese locali. Anche il partenariato della finanza etica, la filantropia e i premi internazionali che inducono una sana competizione possono aiutare a sviluppare soluzioni realistiche e durature.

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