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“Tony Blair fuori dal Consiglio di pace per Gaza voluto da Trump”: determinante l’opposizione dei Paesi arabi

Già a ottobre, Trump aveva compiuto un passo indietro rispetto alla possibile candidatura dell'ex leader laburista, specialmente dopo le rimostranze manifestate dai leader della regione: "Ho sempre apprezzato Tony, ma voglio scoprire se è una scelta accettabile per tutti"
“Tony Blair fuori dal Consiglio di pace per Gaza voluto da Trump”: determinante l’opposizione dei Paesi arabi
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Tony Blair rappresentava un ostacolo insormontabile nel tentativo degli Stati Uniti di riallacciare i rapporti con i giganti arabi e portare avanti l’espansione degli Accordi di Abramo. Così, secondo un’inchiesta esclusiva del Financial Times, l’ex primo ministro britannico, tra i principali fautori dell’invasione Nato dell’Iraq nel 2003, è stato escluso dalla lista dei candidati a far parte del Consiglio di pace ideato da Donald Trump per Gaza.

Il presidente americano, che presiederà il board se e quando questo verrà creato, aveva sponsorizzato la presenza di Blair, un “bravissimo uomo” che, oltre all’oscuro precedente della guerra che ha devastato il Paese del Golfo gettando le basi per la nascita dello Stato Islamico, presentava anche un altro pesante conflitto d’interesse, dato che nella sua attività di consulente ha costruito stretti rapporti, tra gli altri, anche con British Petroleum. Interpellato sul suo possibile futuro ruolo, quando la discussione si concentrava su chi avrebbe messo le mani sulla ricostruzione della Striscia di Gaza, Blair descrisse il piano di Trump come “audace e intelligente” e dichiarò che sarebbe stato felice di far parte del Consiglio.

Soluzione che, per tutto ciò che rappresenta e ha rappresentato per la storia moderna dell’intero Medio Oriente, era stata subito respinta non solo da Hamas, che l’aveva indicato come un elemento di ostacolo a un possibile accordo di pace, ma anche dai Paesi arabi e musulmani, compresa l’Arabia Saudita, primo obiettivo di Trump nel progetto di allargamento degli Accordi di Abramo.

Blair si è rifiutato di commentare le indiscrezioni raccolte dal Ft, ma soggetti a lui vicini sostengono che non ci sia stata alcuna esclusione. L’ex premier britannico, dicono, non aveva semplicemente i requisiti per far parte del board, quindi la sua candidatura non sarebbe mai stata sul tavolo: il Consiglio “sarà composto da leader mondiali in carica e ci sarà un consiglio esecutivo più ristretto al suo interno”, ha affermato la fonte aggiungendo poi che Blair siederà nel comitato esecutivo insieme al genero del tycoon, Jared Kushner, e al consigliere Steve Witkoff insieme ad alti funzionari dei Paesi arabi e occidentali.

Già a ottobre, Trump aveva compiuto un passo indietro rispetto alla possibile candidatura dell’ex leader laburista, specialmente dopo le rimostranze manifestate dai leader della regione: “Ho sempre apprezzato Tony, ma voglio scoprire se è una scelta accettabile per tutti”, aveva dichiarato. Questo nonostante l’ex primo ministro avesse lavorato per mesi alla stesura di un piano per la ricostruzione dell’exclave palestinese, devastata da oltre due anni di bombardamenti israeliani, attraverso il suo Tony Blair Institute.

Anche un’altra fonte sentita dal quotidiano finanziario non ha comunque escluso che l’ex politico possa avere un ruolo rilevante in una delle future strutture di governance di Gaza. “Potrebbe ancora avere un ruolo in una veste diversa e questo sembra probabile. Piace agli americani e piace agli israeliani“.

Secondo due persone a conoscenza dei preparativi, verrà creato un comitato esecutivo che sarà presieduto dall’ex inviato delle Nazioni Unite e ministro della Difesa bulgaro, Nickolay Mladenov, col compito di coordinare il Consiglio per la pace e un comitato tecnico palestinese incaricato della gestione quotidiana della Striscia. Il ruolo di Mladenov sembra simile alle funzioni inizialmente ipotizzate per Blair, che prevedevano di agire come un “esecutivo supremo” gestendo un organismo che avrebbe dovuto supervisionare la transizione postbellica a Gaza. Ma, a parte le indiscrezioni, del piano di amministrazione post-bellica di Gaza promesso da Trump non è emerso ancora niente di concreto.

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