Oggi, in Sicilia, leggere è ancora un privilegio: il problema è la povertà educativa
di Alberto Minnella
In Sicilia la lettura è diventata un termometro impietoso del divario culturale che separa l’isola dal resto del Paese. Secondo i dati riportati da Ansa, appena il 32,3% degli adolescenti legge libri al di fuori della scuola, contro il 53,8% nazionale. Ma il problema non riguarda solo i ragazzi: gli adulti non fanno meglio. L’Associazione Italiana Editori, citata dal Giornale della Libreria, indica che solo il 56% dei siciliani sopra i 15 anni ha letto almeno un libro nell’ultimo anno, mentre nel Centro-Nord si supera il 70%.
La realtà è che in Sicilia non solo si legge poco: è difficile leggere. Mancano i luoghi e i servizi minimi per sostenere l’abitudine alla lettura. Tre comuni su quattro non hanno una libreria; quasi metà delle biblioteche non dispone di un bibliotecario qualificato, come riportato dall’Aie su Aise. In molte aree dell’isola il libro non è un oggetto accessibile: semplicemente non c’è.
Questa desertificazione culturale incide anche sul mercato editoriale. Il Libraio sottolinea che tutto il Sud e le Isole insieme rappresentano appena il 19% delle vendite nazionali di libri. Dove il libro è assente dal territorio, lo è inevitabilmente anche dalle vite delle persone.
Ridurre tutto a un problema economico sarebbe però fuorviante. La radice più profonda è la povertà educativa, quella che non si vede ma determina tutto: le case senza libri, le famiglie dove nessuno legge, la mancanza di modelli culturali. In questo contesto, il libro non diventa solo un oggetto costoso, ma un oggetto estraneo. Non stupisce che la Sicilia presenti anche uno dei tassi più alti di dispersione implicita: se non si legge, non si sviluppa comprensione; se non si comprende, si resta ai margini.
A questo scenario contribuisce anche una politica culturale discontinua, fatta di iniziative spot più che di strategie stabili. Eventi estivi, festival, qualche progetto territoriale: tutto utile, nulla sufficiente. Manca una visione che consideri la lettura un’infrastruttura essenziale quanto una strada o una scuola. Manca l’apertura pomeridiana delle biblioteche scolastiche, mancano spazi pubblici accoglienti, mancano politiche che sostengano le librerie nei piccoli comuni, dove oggi non esiste alcun presidio culturale.
Il rischio è chiaro: crescere generazioni senza strumenti culturali adeguati. Non si tratta solo di abitudini, ma di diritti. Senza lettura non c’è capacità critica, senza capacità critica non c’è partecipazione, e senza cultura nessuno sviluppo può essere duraturo.
Il punto non è convincere i siciliani a leggere di più, ma permettere loro di farlo. Perché oggi, in Sicilia, leggere è ancora un privilegio. E questo, in un Paese che vuole definirsi avanzato, non può essere considerato normale.