Il paradosso della corruzione in Ucraina: migliorano gli indici internazionali, non gli scandali
di Francesco Valendino
C’era una volta un paese che nel 2014 si classificava 142° su 175 nel Corruption Perceptions Index. Una posizione invidiabile, a metà strada tra “disastro totale” e “catastrofe apocalittica”. Poi arrivò Euromaidan, la rivoluzione dei giusti contro il corrotto Yanukovych – quello che rubava miliardi mentre si faceva costruire residenze da zar decaduto con fondi pubblici. Il popolo insorse, i corrotti fuggirono (alcuni), e l’Ucraina intraprese il luminoso cammino della rettitudine.
Dieci anni dopo, eccoci al glorioso 105° posto. Un balzo di ben 37 posizioni! Praticamente i Giochi Olimpici della trasparenza. Certo, condividiamo il podio con Serbia e Brasile – non proprio Danimarca e Nuova Zelanda – ma hey, i progressi sono progressi. Abbiamo persino creato istituzioni dedicate: l’Alta Corte Anti-Corruzione, l’Agenzia Nazionale Anti-Corruzione. Nomi altisonanti che suonano meravigliosamente nei comunicati stampa internazionali.
E poi è arrivata la guerra. Niente galvanizza le riforme come una invasione russa, giusto? Mentre i tank avanzavano, l’Ucraina veniva lodata come “top performer” anti-corruzione del 2024. Un risultato straordinario, se non fosse per quei fastidiosi dettagli che continuano a emergere come cadaveri a galla.
Prendiamo il 2024: il Servizio di Sicurezza Ucraino scopre 40 milioni di dollari destinati alle munizioni finiti nelle tasche sbagliate. Un errore amministrativo, sicuramente. Nel 2025, altro piccolo intoppo: oltre 100 milioni evaporati nel settore energetico. Dettagli che mettono a rischio l’accesso ai 140 miliardi di euro degli asset russi congelati dall’Ue. Ma sono solo intoppi burocratici, comprensibilissimi in tempo di guerra.
L’Usaid americana, intanto, confessa candidamente di non valutare “pienamente” i rischi di corruzione negli aiuti. Su miliardi di dollari versati, un approccio decisamente zen: “Mandiamo i soldi e vediamo cosa succede”. Il GAO conferma: tagli agli aiuti aumentano rischi di frodi, ma quantificare le perdite? Troppo complicato. Meglio non saperlo.
Dal 2014, l’Ucraina vanta uno dei mercati neri di armi più fiorenti d’Europa. Secondo la Small Arms Survey, 3-5 milioni di armi illegali circolavano già nel 2017 – cifre pre-invasione, quando ancora si faceva economia di scala artigianale. Oggi, con le forniture Nato che piovono a palate, il catalogo si è notevolmente arricchito. Certo, audit internazionali “non trovano evidenze sistematiche” di diversione verso cartelli messicani o altri acquirenti fantasiosi. Un sollievo. Peccato che a Kharkiv i casi di traffico illegale siano aumentati del 33% nel 2025. Ma sono casi “isolati”, come precisano i report. Isolati come le stelle nel cielo.
La rivolta del 2013-2014 nacque dalla frustrazione popolare contro Yanukovych e i suoi oligarchi. Via il vecchio, dentro il nuovo! Nuove facce, nuove istituzioni, stessa musica di fondo. I social media amplificarono le denunce contro i corrotti – hashtag revolution! – e il mondo applaudì.
Dieci anni dopo, la delusione è palpabile: la corruzione persiste in energia, difesa, appalti pubblici. Come notano sobriamente le analisi accademiche, il “clientelismo post-sovietico” continua a essere il “codice operativo” delle élite. Rivoluzione o cambio di guardia? Dettagli semantici.
L’Ucraina ha fatto “passi avanti” dal 2014. Lo dicono gli indici internazionali, quindi dev’essere vero. Che questi passi assomiglino più a un elegante valzer in circolo che a una marcia trionfale è irrilevante. I miliardi “intascati”? Difficili da quantificare – la natura opaca della corruzione, sapete com’è. Ma tra scandali energetici, munizioni fantasma e mercati neri floridi, qualche stima si potrebbe azzardare. Se solo qualcuno avesse il cattivo gusto di fare i conti. Nel frattempo, continuiamo a versare aiuti, applaudire ai progressi. E fornire armi, soprattutto. E spacciare per “un paio di corrotti” un Paese che sembra svendersi al miglior offerente.