L’Italia ha perso l’essenza del calcio: il sorpasso di Sinner sulla Nazionale certifica la crisi profonda del pallone
La nazionale italiana ha iniziato la sfida persa 4-1 con la Norvegia al Meazza – stadio dove non ne azzecchiamo più una da tempo -, mentre Jannik Sinner stava sollevando il trofeo delle Atp Finals, dopo aver superato in due set lo spagnolo Alcaraz: è stato il momento del definitivo passaggio di testimone dal calcio al tennis. Oggi siamo un popolo di “racchettari” e arranchiamo con il pallone tra i piedi: il mostruoso Erling Haaland e i suoi fratelli ci hanno sbattuto in faccia quello che, in fondo, si sapeva. Per la terza volta di fila, ci giocheremo l’accesso al mondiale attraverso la cayenna dei playoff: è la certificazione di un sistema in crisi profonda. Attendiamo il sorteggio del 20 novembre, poi quattro di mesi di passione in vista degli spareggi di marzo 2026, con l’ansia di dover affrontare squadre che, fino a quindici anni fa, s’inchinavano di fronte all’Italia. La prima stroncatura arrivò nel 2017, nel ko con la Svezia, ma la verità è che il nostro calcio è in coma assistito dal 2010, quando gli azzurri, all’epoca guidati da Marcello Lippi, salutarono il mondiale in Sudafrica nella fase eliminatoria, ultimi nel girone dietro Paraguay, Slovacchia e persino Nuova Zelanda. Da allora, a parte i due exploit europei, con la finale persa nel 2012 di fronte alla Spagna (0-4) e il successo ai rigori contro l’Inghilterra nel 2021 a Londra, siamo retrocessi in seconda fascia.
Bisogna farsene una ragione, ma i giornali specializzati hanno già indicato la nuova via. Nella prima pagina della Gazzetta dello Sport, trequarti dello spazio sono dedicati al re Sinner, mentre alla nazionale è concesso un minuscolo riquadro, con un titolo emblematico: “Umiliata”. Il resoconto del Meazza, dopo una prima sezione dominata da Sinner, appare a pagina 16. Se il quotidiano sportivo più venduto d’Italia, che ha sempre investito e sostenuto la nazionale anche nei tempi più oscuri, compie questa scelta – correttissima – significa che il sorpasso del tennis è stato battezzato. I dati dell’ascolto televisivo sono la prova delle prove: 7,5 milioni di audience per la nazionale, 7 mln per la finale Sinner-Alcaraz, ma con uno share superiore. L’ultimo atto delle Atp Finals è stato l’evento di tennis più seguito della storia, mentre l’Italia “gattusiana” affondava senza pietà. La pioggia atmosferica è diventata pioggia di fischi e stavolta Gattuso è stato costretto a chiedere scusa ai tifosi.
Il fenomeno Sinner è ormai dilagante, al punto che persino il Secolo d’Italia ha dedicato l’editoriale di apertura al trionfo di Jannik. Titolo: “Sì, sì, Sinner”. Il tennista altoatesino è l’uomo forte che, senza volerlo, rispecchia l’Italia di oggi, dove è tornato di moda il concetto di super atleta. Gli sport di squadra affondano, con la splendida eccezione della pallavolo maschile e femminile, ma Sinner (2° nella classifica Atp), Musetti (8°), Cobolli (22°), Darderi (25°), Sonego (39°) riscattano il crollo del calcio.
Il pallone italico ha commesso una serie di nefandezze imperdonabili, a cominciare da federazioni inadeguate, governate da personaggi senza curriculum, assetati di potere e di stipendi elevati, ma la madre di tutti gli errori è stata la scelta di stravolgere la nostra storia e la nostra cultura. Il calcio italiano non era solo catenaccio e difensori, ma anche ali che sapevano dribblare, trequartisti che inventavano e attaccanti di tutti i generi. E’ stato azzerato tutto, in nome della fisicità, della tattica e degli schemi che fanno venire il mal di testa ai bambini di dieci anni. Nelle scuole calcio, che si sono imposte anche per ragioni di business, l’estro è soffocato sul nascere. Mai avventurarsi davanti: il dogma è la rete sterile di passaggi e l’appoggio all’indietro, per evitare guai. Il risultato di questo scempio è che ci ritroviamo gente mediocre a indossare la maglia azzurra. La scuola che non aiuta – ma questo avveniva anche negli anni d’oro -, la playstation, la denatalità e la concorrenza hanno sicuramente contribuito al crollo, ma tutto nasce dalla politica nefasta di rinnegare la scuola tecnica che aveva prodotto due titoli mondiali nell’arco di 24 anni (1982 e 2006). E’ stata persa l’essenza del calcio. Ritrovarla, soprattutto con questi dirigenti e con i presidenti che concederanno al massimo uno stage a febbraio, sarà la vera sfida. L’eventuale qualificazione al mondiale 2026 sarà salutata come un’impresa. Una volta era la normalità: è l’attestazione di come siamo caduti in basso.