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Ultimo aggiornamento: 16:26 del 17 Novembre

Caracciolo a La7: “Corruzione in Ucraina? Lo sapevamo da anni”. E smonta l’allarme sulle ingerenze russe nei social italiani

Il direttore di Limes: “Il problema non sono i russi, ma la nostra censura che si ritorce contro di noi”
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Infiltrazioni della propaganda russa in Italia dopo l’allarme corruzione in Ucraina? Veramente per molti anni abbiamo evitato di parlare della corruzione per carità di patria e per carità di Ucraina e adesso improvvisamente scopriamo quello che sapevamo già prima. Peraltro non conosco molte persone che si fanno attrarre da quel tipo abbastanza grossolano di propaganda. Quello che io trovo interessante è invece il fatto che in Italia molto spesso facciamo delle forme di censura e autocensura che poi si ritorcono contro di noi“. Così a Omnibus (La7) il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, commenta l’allarme dei servizi segreti su una nuova ondata di disinformazione russa che starebbe per investire l’Italia. Secondo l’intelligence, la propaganda pro-Mosca vuole sfruttare lo scandalo corruzione in Ucraina per minare il sostegno occidentale a Kiev, proprio mentre l’esecutivo è diviso sull’acquisto di armi tramite il programma Purl.

Caracciolo rovescia l’assunto dominante e osserva che la narrativa italiana sulla vulnerabilità ai condizionamenti di Mosca poggia su basi fragili. Quando il conduttore Gerardo Greco gli chiede se l’allarme dei servizi preoccupi davvero il governo, lui ribatte con ironia: “Ma questo forse bisognerebbe chiederlo a loro”.
E smonta l’idea dell’Italia come “ventre molle” della propaganda putiniana: “Non mi pare che questa propaganda russa sia stata particolarmente efficiente, visto la posizione che ha tenuto l’Italia fin dall’inizio”.

Sul fronte politico-diplomatico, il giornalista ridimensiona il ruolo di Roma e, più in generale, dell’Europa nel conflitto. Anche la determinazione della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, va contestualizzata: “Determinata ma non determinante sugli aiuti militari all’Ucraina: è facile fare questi grandi proclami, poi bisogna vedere quello che si vuole e che si può fare”.
Il cuore della partita, ribadisce, resta a Washington: “La gestione è americana in tutta questa storia e agli americani dell’Ucraina interessa veramente poco, specialmente a questa amministrazione.”

La prospettiva futura appare ancora più insidiosa. Mentre l’Occidente discute di aiuti e rifornimenti, lo scenario della ricostruzione incombe come il vero nodo strategico. “Una volta che si sarà raggiunto in qualche forma di cessate il fuoco – avverte Caracciolo – si tratterà di ricostruire l’Ucraina e lì saranno veramente dolori“.
La questione demografica pesa come un macigno: “Siamo di fronte a un paese che ha perso la metà dei suoi abitanti da quando è nato, nel 1991, e molta gente continua ad andarsene.” Caracciolo definisce “paradossale” il recente decreto che ha autorizzato l’uscita dal Paese di altri giovani ucraini, e racconta un retroscena geopolitico tutt’altro che marginale: “Merz ha telefonato a Zelensky e gli dice la devi smettere di mandarmi le persone qui perché non li reggo più”.

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