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Ho creduto che la Sicilia fosse pronta per il digitale. Mi sbagliavo

Dovevo cambiare il pediatra di mia figlia, a Catania. “Si fa tutto online”, mi dissero. Entro nel portale dell’Asp, clicco su “cambio medico”, e il sito mi risponde: “Errore del server”
Ho creduto che la Sicilia fosse pronta per il digitale. Mi sbagliavo
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di Alberto Minnella

L’anno scorso ho creduto, ingenuamente, che la Sicilia fosse pronta per il digitale. Dovevo cambiare il pediatra di mia figlia, a Catania. “Si fa tutto online”, mi dissero, con la sicurezza di chi non ci ha mai provato. Entro nel portale dell’Asp, clicco su “cambio medico”, e il sito mi risponde: “Errore del server”. Riprovo: pagina non disponibile. Dopo tre tentativi, lo SPID si pianta come una vecchia Fiat in salita. Chiamo il numero verde: “Venga di persona, signore, è più semplice.” E così, dopo giorni di tentativi, mi ritrovo all’alba davanti all’ufficio, modulo in mano, come nel dopoguerra. La transizione digitale, in Sicilia, funziona benissimo: ti fa perdere tempo sia online che allo sportello.

Eppure, a leggere i comunicati, sembrerebbe tutto risolto. Open Fiber ha completato il Piano Banda Ultra Larga per 300 comuni, stendendo 4.500 chilometri di fibra ottica, collegando 380 mila abitazioni e 2.300 uffici pubblici, per un investimento di 239 milioni di euro (Open Fiber, 7 luglio 2025). La Regione si è autoproclamata “prima grande del Sud” a completare il piano (Infratel Italia). Sulla carta — e in Sicilia tutto resta sulla carta — dovremmo essere un modello di modernità. Peccato che la fibra corra sotto terra, ma sopra ci sia ancora il mulo.

Secondo i dati più recenti, l’85,5 % dei comuni siciliani continua a preferire i documenti cartacei ai processi digitali, e solo il 52,9% offre servizi interamente online (Il Sicilia, aprile 2024). È la rivoluzione del bit fatta a biro. Gli uffici vantano la “dematerializzazione”, ma chiedono ancora la marca da bollo. I sindaci inaugurano “Punti digitali” e poi firmano i verbali con la stilografica. Le scuole parlano di coding e intelligenza artificiale, ma le circolari arrivano ancora stampate e spillate. È il futuro che avanza, ma con la carta intestata.

Nei paesi interni la fibra finisce prima dell’asfalto. Nei Nebrodi o nell’entroterra nisseno basta un temporale per spegnere tutto. Un imprenditore di Ragusa racconta che, per inviare file pesanti, usa ancora la chiavetta usb: “È più affidabile”. Eccola la Silicon Valley del Sud, con il postino al posto del cloud. Ma il problema non è tecnico: è culturale. Da sempre la Sicilia confonde la modernità con la scenografia. Si cambia la facciata, non il motore. Si digitalizza la carta, non le persone. È come verniciare di blu un asino e chiamarlo Tesla.

Si parla di intelligenza artificiale, ma quella amministrativa è ancora in fase di collaudo. Il digitale non è un pulsante da premere: è un modo di pensare. E finché non si cambia la testa, la fibra resta solo un filo di speranza steso tra due palazzi. In certi paesi, l’unica rete che funziona è quella del barbiere, che sa tutto e aggiorna tutti.

Qualche mese fa ho riprovato la stessa procedura, sempre online. Questa volta il sito funzionava e l’e-mail era pronta da inviare. Ma sul portale compariva una scritta in rosso: “Servizio momentaneamente sospeso. Presentarsi allo sportello.” Sono tornato lì, come un anno prima. Stesso ufficio, stesso modulo, stessa coda disordinata. E mentre aspettavo, ho capito che in Sicilia la digitalizzazione non è un processo: è una promessa ricorrente, come l’estate o le elezioni. Arriva puntuale, non cambia niente e passa presto.

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