Il mondo FQ

Il pragmatismo del Kazakistan: aderire agli Accordi di Abramo per avviare commerci con gli Usa e uscire dall’isolamento

Astana, accettando ufficialmente di normalizzare i rapporti con Israele, permetterà a Washington di investire nell'ambito delle terre rare. Al contempo il Paese dell'Asia centrale cerca una sua collocazione geopolitica, lontana dalle pressioni di Russia e Cina
Il pragmatismo del Kazakistan: aderire agli Accordi di Abramo per avviare commerci con gli Usa e uscire dall’isolamento
Icona dei commenti Commenti

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra fare sul serio rispetto all’Asia Centrale e giovedì scorso ha ospitato a Washington i leader delle cinque Repubbliche regionali. Già questa sarebbe una notizia perché l’impegno statunitense nell’area negli ultimi anni è stato più che scarso – un elemento che l’inquilino della Casa Bianca non ha mancato di sottolineare – e una ripartenza in tal senso è una dinamica che ha molti significati e un grande peso specifico. Come se non fossero bastati anche gli accordi commerciali per decine di miliardi di dollari siglati a margine del summit, è arrivata però anche una novità politica tanto simbolica quanto significativa.

Il Kazakistan, peso massimo dell’Asia Centrale in termini geografici, economici e politici, ha infatti annunciato la sua volontà di aderire agli Accordi di Abramo, nome sotto cui va l’intesa siglata per la prima volta nell’agosto del 2020 tra Stati Uniti, Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein (a cui poi si sono aggiunti Marocco e Sudan) che mira a normalizzare la relazione tra lo Stato Ebraico e il mondo arabo/musulmano. La repubblica centro asiatica è il primo paese a compiere questo passo dall’inizio dell’operazione militare israeliana a Gaza dell’ottobre 2023 e la mossa di Astana è tanto pragmatica quanto, a prima vista, poco costosa in termini diplomatici. Il Kazakistan è sulla carta un paese a maggioranza musulmana, per quanto il fattore religioso sia sempre stato tenuto a bada dal regime che lo guida e comunque abbia un peso relativo dal punto di vista sociale, ma fin dall’indipendenza dall’Unione Sovietica all’inizio degli anni ’90 ha intrattenuto ottime relazioni con Israele.

A caccia di nuovi partner per rompere l’isolamento in cui si trovava in quel momento e, perché no, di investimenti, tecnologia e know-how, il governo kazaco decise di non chiudere la porta al paese mediorientale. Negli ultimi mesi non sono mancate critiche per il comportamento di Israele a Gaza ma in ogni caso non si è arrivati a una rottura, questo nonostante i rapporti anche sull’asse Kazakistan-Iran siano buoni, considerando soprattutto la vicinanza geografica della Repubblica Islamica all’Asia Centrale.

Guardati dal punto di vista americano, gli Accordi di Abramo sono uno dei principali strumenti diplomatici dispiegati dalla Casa Bianca per cercare di dare equilibrio al Medio Oriente. Un’area che ha sempre visto gli Stati Uniti giocare un ruolo di primo piano, ma da cui gli stessi vorrebbero potersi distanziare per impiegare risorse su altri fronti più rilevanti in ottica futura. L’adesione kazaca potrebbe servire a Trump in due modi: primo, per cercare di rivitalizzare l’intesa come mezzo privilegiato di gestione della situazione mediorientale; secondo, la speranza è che Astana possa agire da grimaldello per spingere altre repubbliche centro asiatiche a compiere questo passo.

Pragmatismo, dicevamo. Sì, perché il Kazakistan ha puntato ad accontentare Trump anche per favorire l’afflusso di investimenti statunitensi nel paese, soprattutto per quanto riguarda il settore delle terre rare e dei minerali critici. Non è un caso che a margine del summit plenario sia stato annunciato l’accordo minerario che prevede che l’azienda USA Cove Kaz Capital Group acquisisca una partecipazione del 70% per lo sviluppo di uno dei più grandi giacimenti di tungsteno non sfruttati al mondo, che si trova sul territorio kazaco. Tutto questo a fronte di un investimento pari a oltre un miliardo di dollari. Gli Stati Uniti non puntano solo a sfruttare le risorse minerarie centro asiatiche ma anche a far sì che i processi di lavorazione avvengano in loco. Un elemento fondamentale, questo, considerando quanto impattanti siano dal punto di vista ambientale, come dimostrano tutti i problemi ecologici sperimentati in alcune aree della Cina: la Repubblica Popolare controlla circa il 90% della lavorazione di terre rare.

A proposito del gigante asiatico, l’accelerazione impressa da Trump alla proiezione statunitense in Asia Centrale non sta sicuramente passando inosservata agli occhi cinesi e potrebbe essere legata anche alla volontà di fare pressioni sulla Russia, che gli Stati Uniti vorrebbero scendesse a patti con la necessità di una soluzione pacifica del conflitto in Ucraina. Mosca e Pechino nel corso degli anni hanno sviluppato una sorta di divisione dei compiti nella regione: mentre la prima detiene una grande influenza politica e militare, la seconda si è affermata come la prima controparte economica per le repubbliche centro asiatiche. Che però, soprattutto nel caso di Kazakistan e Uzbekistan, vogliono prendere sempre più in mano il proprio destino ampliando i tavoli internazionali sui cui sono coinvolte. Una volontà che Astana sta portando avanti con decisione.

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione