“Il caso Almasri? Rispecchia una crisi generale di ogni forma di diritto internazionale. Gli Stati trattano tra di loro direttamente in base a rapporti di forza e di convenienza. E le alte Corti di giustizia e le Nazioni Unite ormai non contano più nulla”. Così a Otto e mezzo (La7) il filosofo Massimo Cacciari commenta la vicenda del generale libico Njeem Osama Almasri, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale e arrestato dalla procura libica per torture e trattamenti crudeli su 10 detenuti. Almasri era stato arrestato lo scorso gennaio a Torino, in esecuzione del mandato d’arresto della Cpi, ma poi liberato e rispedito in patria dal governo Meloni con aereo di Stato.
La decisione del governo Meloni di procedere al rimpatrio aveva sollevato forti polemiche. La procura di Roma aveva aperto un’inchiesta nei confronti della premier, ipotizzando i reati di favoreggiamento e peculato. L’indagine è stata però archiviata nell’agosto 2025 dal Tribunale dei ministri, per assenza di prove dirette sul suo coinvolgimento.
Una successiva richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, del Guardasigilli Carlo Nordio e del sottosegretario Alfredo Mantovano è stata respinta dalla Camera, con voto segreto il 9 ottobre. L’archiviazione definitiva è arrivata il 28 ottobre 2025.
Durante la trasmissione, viene mostrato il video con cui la premier annunciò il 28 gennaio le indagini a suo carico, commentando la notizia con toni accesi. Cacciari reagisce con sarcasmo: “Ma basta, non se ne può più di questi toni: ‘sono assalita’, ‘mi vogliono male’, ‘mi vogliono defenestrare’. Si parli in modo normale”.
E aggiunge: “Il caso di questo criminale è una figuraccia del governo Meloni, che va collocata nell’ambito di questa sciagurata politica che l’Italia ha condotto con la Libia per l’immigrazione, trattando costantemente con aguzzini e assassini. Questa vicenda è solo la ciliegina, quasi insignificante”.
Il filosofo prende spunto dal video social di Meloni, che in quell’occasione attaccò la magistratura, legandolo al referendum sulla separazione delle carriere: “Adesso comincia anche la campagna elettorale per il referendum: come puoi condurla se non attaccando i magistrati? Se il governo perde il referendum, sono guai seri per la Meloni e per l’esecutivo, perché si sono spesi in questo popò di modo sulla riforma della giustizia. Forza Italia, principale alleata di governo della Meloni dopo la catastrofe della Lega, è lì con gli striscioni per strada, ” Viva la riforma voluta da Berlusconi”, “Silvio sei con noi”. Sarebbe una figuraccia tremenda per il governo Meloni, se perdesse questo referendum. E come fai la campagna elettorale? Ma attaccando la magistratura, ovvio”.
E conclude: “Io voterò no al referendum. È una riformetta che non conta niente e sbagliano anche molti magistrati a insistere troppo nel merito, perché è una cosa che non conta praticamente nulla e che riguarda 40-50 persone. Ma scherziamo, è l’ultimo dei problemi della giustizia. Però è stata caricata di una valenza politica tale per cui che cosa vuoi votare? Sì alla Meloni?“.