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Separazione carriere, Nordio: “Se vince il no la politica sarà condizionata dai pm. Il referendum non sia pro o contro Meloni”

Il ministro ai cronisti in Senato: "Il voto tra metà marzo e metà aprile. La magistratura non si faccia abbracciare dall'opposizione"
Separazione carriere, Nordio: “Se vince il no la politica sarà condizionata dai pm. Il referendum non sia pro o contro Meloni”
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Se al referendum sulla separazione delle carriere vincesse il no, “la vittoria se la intitolerebbe la magistratura e allora avremmo di nuovo una politica condizionata dalle Procure della Repubblica”. Carlo Nordio torna ad agitare scenari apocalittici parlando con i cronisti in Senato, dove è appena iniziata la discussione in quarta e ultima lettura della riforma costituzionale (il voto finale è previsto giovedì alle 12). Il referendum confermativo, dice il ministro della Giustizia, si terrà “presumibilmente tra metà marzo e metà aprile“: “Mi auguro che la campagna venga tenuta in termini non polemici, aggressivi e soprattutto in termini non referendari in senso politico”, insomma “che non diventi un “Meloni sì, Meloni no“, come è stato con Renzi” nel 2016, afferma il Guardasigilli. E ripete di sperare che la magistratura “non si faccia abbracciare dalla politica“, perché a quel punto, sostiene, “se vincesse il sì ne uscirebbe umiliata, ed io non lo desidero in quanto ex magistrato”.

Già il mese scorso, intervenendo al congresso degli avvocati penalisti, Nordio aveva espresso lo stesso concetto: se dovesse vincere il no “torneremmo ancora, dopo tanti anni di sforzi, a una Repubblica sottomessa o condizionata dal potere dei magistrati, e questo sarebbe un vulnus per la stessa parte politica che lo ha sostenuto”, avvertiva. Martedì mattina invece, intervistato da Alessandro Sallusti al Salone della giustizia a Roma, se l’è presa con gli ex colleghi accusandoli di eccessivo livore: “Mi auguro che questa aggressività verbale soprattutto da parte della magistratura cessi e che la polemica venga mantenuta in termini razionali”, dice. Il ministro contesta in particolare una presunta accusa di “attentato alla Costituzione” rivolta nei suoi confronti, un’affermazione, dice, “quasi schizofrenica perché la Costituzione ha in sé il suo rimedio, revede essa stessa di essere modificata con un procedimento molto lungo. Quello che mi amareggia”, aggiunge, “è che qualche volta queste accuse vengano da magistrati perché la giustizia non può essere strumentalizzata o addirittura prostituita per ragioni politiche”.

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