Cibo, non mangime: in Unione europea ‘si sprecano’ per gli allevamenti 124 milioni di tonnellate all’anno di cereali
Due miliardi di persone nutrite ogni anno in più e terreni agricoli ampi quasi quanto il Messico recuperati per coltivare alimenti adatti al consumo umano: è quanto si potrebbe ottenere smettendo di utilizzare le colture agricole come mangime per gli animali allevati intensivamente. In occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, Compassion in World Farming (Ciwf) pubblica il report ‘Cibo, non mangime’, denunciando come “l’allevamento intensivo spreca più cibo di qualsiasi altro settore: 124 milioni di tonnellate di cereali ogni anno solo in Unione europea, più di quello buttato via dalle famiglie, dalla ristorazione e dalla vendita al dettaglio”. Ma perché si tratta di uno spreco? I dati del report non si riferiscono al totale dei cereali somministrati agli animali, ma solo alla porzione che viene sprecata a causa dell’inefficienza del processo di conversione: servono molte calorie (o grammi di proteine di origine vegetale) per ottenere una sola caloria o un grammo di proteine sotto forma di carne, latte o uova. A partire da questa perdita il report di Ciwf analizza quanti cereali vengono sprecati nel processo di conversione da calorie di origine vegetale a quelle di origine animale. Ad esempio, in Italia, “delle 13,8 milioni di tonnellate di cereali utilizzati come mangime, 10,9 milioni risulterebbero sprecati”.
Ciwf: “Una conversione inefficiente: in Ue sprecati ogni anno 124 milioni di tonnellate di cereali” – A livello globale, il 69% dei mangimi composti (costituiti principalmente da cereali e soia) sono utilizzati negli allevamenti di suini e pollame, che tendono ad essere i settori più industrializzati della zootecnia. Il più delle volte, cereali e soia costituiscono circa il 90% della dieta dei suini e dei polli broiler. Ed è proprio la produzione di mangimi che, nella maggior parte dei casi, è la principale causa delle emissioni di gas serra generate dall’allevamento di polli e suini. “Per il mangime dato a suini e polli allevati intensivamente è necessaria una superficie di terra 99 volte più ampia di quella occupata dall’allevamento stesso ma – scrivono gli autori – per ogni 100 calorie di cereali somministrate agli animali, se ne producono fra le 3 e le 25 sotto forma di carne”. E per ogni 100 grammi di proteine contenuti nei cereali adatti al consumo umano somministrati agli animali, solo 5-40 grammi di proteine arrivano nella catena alimentare umana sotto forma di carne. In base a questi dati, il report stima che ogni anno nell’Unione europea spreca 124 milioni di tonnellate di cereali (una quantità sufficiente a sfamare altre 247 milioni di persone all’anno) vengono sprecati a causa della conversione inefficiente nella produzione di carne, latte e uova, a fronte di 59 milioni di tonnellate di cibo buttati via in senso convenzionale.
Il record degli Usa e lo spreco a livello globale – Il divario è ancora più ampio negli Stati Uniti, dove vengono gettati via, per cause legate allo spreco ‘tradizionale’, 66 milioni di tonnellate di cibo, mentre 160 milioni di tonnellate di cereali vengono sprecati a causa della conversione inefficiente dovuta alla produzione di mangime, una quantità sufficiente a sfamare quasi 288 milioni di persone in più. A livello globale, invece, ogni anno vengono sprecati 766 milioni di tonnellate di cereali per l’alimentazione di suini, polli da carne, galline ovaiole, bovini da carne e vacche da latte, allevati soprattutto in modo intensivo. Si tratta di una quantità molto superiore a qualsiasi altra forma di spreco alimentare, come quella sprecata dalle famiglie (631 milioni di tonnellate), dalla ristorazione (290 milioni di tonnellate) o dalla vendita al dettaglio (131 milioni di tonnellate). Lo raccontano i dati 2022 del rapporto 2024 Food Waste Index del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). E non è tutto. Secondo il report di Ciwf, se la produzione alimentare continuerà secondo le modalità attuali, entro il 2040 sarà necessario il doppio dei cereali oggi utilizzati per nutrire gli animali allevati intensivamente. Per questo l’associazione internazionale di protezione animale e ambientale chiede ai propri sostenitori e sostenitrici di firmare una lettera aperta, già sostenuta da Giulia Innocenzi e Tessa Gelisio, diretta ai governi nazionali, chiedendo di dare priorità al cibo destinato direttamente alle persone, piuttosto che al mangime per gli allevamenti intensivi, come avviene attualmente.
Il sistema intensivo sostenuto dai finanziamenti pubblici – “È davvero scandaloso che, mentre centinaia di milioni di persone nel mondo soffrono la fame, si continui a sprecare cibo perfettamente adatto al consumo umano per alimentare animali destinati a brevi vite di sofferenza negli allevamenti intensivi, dove sono privati di qualsiasi cosa renda la vita degna di essere vissuta” commenta Annamaria Pisapia, direttrice di Ciwf Italia, ricordando che questo sistema “inefficiente, ingiusto e crudele” è sostenuto da finanziamenti pubblici attraverso sussidi. Oggi migliaia di ettari di terreno vengono disboscati per produrre mangimi destinati agli animali allevati “con gravi conseguenze per le comunità locali e gli ecosistemi colpiti dalla deforestazione. Inoltre – spiega Ciwf – l’enorme richiesta di cereali da parte dell’agricoltura intensiva ha favorito l’espansione delle monocolture, mentre l’uso dei pesticidi chimici e fertilizzanti azotati sintetici sta contribuendo al degrado del suolo, alla perdita di biodiversità, al sovrasfruttamento delle risorse idriche e all’inquinamento di acqua e aria”.
Il futuro tra previsioni e i loro effetti – Molti governi e istituzioni sostengono che, per sfamare la popolazione mondiale prevista nel 2050, la produzione alimentare debba crescere in misura esponenziale (fino al 60%) e che, di conseguenza, sia indispensabile un’ulteriore industrializzazione della produzione zootecnica. Secondo le previsioni dell’Alltech Agri-Food Outlook 2025 e quelle contenute in un report di Fao e Ocse, rispettivamente l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l’uso globale di cereali come mangime è in aumento. Qualora l’espansione della produzione registrata nel 2024 dovesse confermarsi nei prossimi anni, saranno necessari altri quattro milioni di ettari di terra coltivabile, un’area ampia quanto i Paesi Bassi. Oltre al fatto che l’enorme richiesta di cereali da parte della zootecnia industriale esercita una pressione al rialzo sul loro prezzo di mercato, sia come mangime che come alimento. Ma la scarsa efficienza di questo sistema suggerisce un cambio. “I nostri calcoli mostrano che, se si smettesse di utilizzare i cereali come mangime per gli animali, si potrebbero sfamare due miliardi di persone in più all’anno, liberando enormi estensioni di terra coltivabile” spiega Ciwf. Si parla di circa 175 milioni di ettari, quasi quanto la superficie dell’Indonesia, considerando anche quella attualmente serve per coltivare la soia utilizzata come mangime. “Se si smettesse di utilizzare i cereali per nutrire gli animali allevati in modo intensivo – si calcola nel report – quasi 15 milioni di ettari di terreni arabili potrebbero essere destinati alla coltivazione di alimenti per la popolazione dell’Unione europea, mentre negli Stati Uniti si potrebbero liberare oltre 7 milioni di ettari di terreno”.