Consulta, il Collegio di garanzia non poteva dichiarare decaduta Alessandra Todde: “Ha esorbitato dai propri poteri”
Il Collegio regionale di garanzia elettorale che ha dichiarato decaduta Alessandra Todde da presidente della Regione Sardegna, ha “esorbitato dai propri poteri, cagionando una menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione Sardegna”, in quanto si è pronunciato “in ipotesi non previste dalla legge come cause di ineleggibilità“. È quanto scrive la Corte Costituzionale nella sentenza numero 148 depositata oggi.
La Consulta mette nero su bianco che non spettava allo Stato e, per suo conto al Collegio di garanzia, affermare nella motivazione dell’ordinanza impugnata, che “si impone la decadenza dalla carica del candidato eletto” e disporre “la trasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al Presidente del Consiglio Regionale per quanto di competenza in ordine all’adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla carica di Presidente della Regione Sardegna”.
I giudici della Consulta hanno anzitutto rilevato che i Collegi regionali di garanzia elettorale, istituiti per esercitare il controllo sulle spese della campagna elettorale dei candidati per le elezioni politiche dei due rami del Parlamento (controllo poi esteso alla elezione dei Consigli regionali nelle Regioni a statuto ordinario), sono organi dello Stato che operano in condizioni di indipendenza al fine di garantire la genuinità e l’autenticità del formarsi della volontà del corpo elettorale, in una con la libertà di voto degli elettori. Il sistema di controllo, affidato a tali organi, è operante anche nella Regione Sardegna per effetto di una scelta del legislatore regionale statutario il quale, ha stabilito di rinviare, per quanto riguarda la disciplina delle cause di ineleggibilità concernenti le cariche elettive regionali, alle leggi statali.
“Ciò premesso – si legge nel comunicato della Consulta – la Corte ha osservato che le pur gravi fattispecie contestate alla Presidente eletta (tra le quali, la mancata nomina di un ‘mandatario elettorale‘, avente il compito di raccogliere i fondi della campagna elettorale, e la produzione una dichiarazione sulle spese sostenute, con relativo rendiconto, caratterizzata da diverse non conformità rispetto alle previsioni di legge) non sono riconducibili a quelle che, in modo esplicito, la legge numero 515 del 1993 ha selezionato come ipotesi di ineleggibilità e, quindi, di decadenza”. Per questa ragione, nell’imporre la decadenza al Consiglio regionale, “il Collegio di garanzia elettorale ha, pertanto, esorbitato dai propri poteri, cagionando una menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione Sardegna”.
L’ordinanza era stata adottata in seguito all’esame delle spese sostenute dalla governatrice sarda durante la campagna elettorale per le regionali del febbraio 2024, in cui sarebbero state ravvisate irregolarità. Fra le irregolarità contestate dai giudici del collegio elettorale, la mancata apertura di un conto corrente dedicato per la raccolta dei finanziamenti destinati alla campagna elettorale e l’assenza di un mandatario elettorale, elementi necessari per garantire la trasparenza dei finanziamenti.
La Corte Costituzionale ha anche precisato che “rimane impregiudicata la questione relativa alla possibilità di riqualificazione dei fatti, che è rimessa al giudice civile, competente per il giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione. Nel caso di specie, l’ordinanza-ingiunzione impugnata, ora da intendersi depurata dal contenuto che ridondava in turbativa dell’autonomia regionale costituzionalmente protetta, ha formato oggetto del giudizio civile promosso dalla dottoressa Todde dinanzi al Tribunale di Cagliari, che l’ha confermata, quanto alla sanzione pecuniaria irrogata, con sentenza 28 maggio 2025, numero 848“.
In una seconda sentenza (la numero 149, anche questa depositata oggi) la Consulta ha invece ha dichiarato inammissibile il conflitto promosso dalla stessa Regione Sardegna nei confronti dello Stato (e, per esso, del Tribunale di Cagliari), avente ad oggetto la citata sentenza di rigetto. Come sottolineato dalla Corte Costituzionale, infatti, la sentenza è stata pronunciata unicamente nei confronti delle due parti, cioè Alessandra Todde – personalmente, in quanto destinataria delle sanzioni – e il Collegio di garanzia, in quanto autorità che ha emesso l’atto e non anche nei confronti della Regione Sardegna, rimasta estranea al giudizio. Le affermazioni compiute dal giudice nella sentenza, secondo le quali il Consiglio regionale non potrebbe sindacare l’accertamento sui fatti compiuto dall’organo di controllo, “non sono pertanto vincolanti per la Regione, che non si è mai ancora formalmente pronunciata sulla vicenda”. Trattandosi, in altri termini, “di un mero obiter dictum inserito nella sentenza del Tribunale di Cagliari, viene a mancare il requisito dell’attualità della lesione lamentata”, quindi l’inammissibilità del ricorso.