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Uccise madre e sorella dell’ex fidanzata, condannato all’ergastolo Christian Sodano

Latina - Esclusa la premeditazione, mentre è stata riconosciuta l’aggravante dei motivi abietti e futili. L'allora maresciallo della Guardia di Finanza sparò alle vittime usando la sua pistola d’ordinanza
Uccise madre e sorella dell’ex fidanzata, condannato all’ergastolo Christian Sodano
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È stato condannato all’ergastolo, come chiesto dall’accusa, Christian Sodano, il finanziere di 28 anni che il 13 febbraio del 2024 uccise Nicoletta Zomparelli e Renèe Amato, rispettivamente madre e sorella della sua ex fidanzata Desirèe, che invece riuscì a scappare dalla loro abitazione nel quartiere San Valentino, a Cisterna di Latina. Esclusa, invece, la premeditazione, mentre è stata riconosciuta l’aggravante dei motivi abietti e futili. A leggere la sentenza il giudice Gian Luca Soana nella Corte d’Assise del tribunale di Latina, al termine della camera di consiglio. Al ventottenne, difeso dagli avvocati Lucio Teson e Leonadro Palombi, veniva contestato l’omicidio volontario premeditato con l’aggravante di motivi abietti e futili.

Il maresciallo della Guardia di Finanza sparò alle vittime usando la sua pistola d’ordinanza. Sodano è accusato di aver ucciso Nicoletta Zomparelli e Renée Amato, in un contesto segnato da continue liti e tensioni che l’allora finanziere aveva con la suocera e la nuora. Sopravvissuta alla furia omicida Desirée, ex compagna del giovane, che si è costituita parte civile insieme al Comune di Cisterna di Latina, al padre, al fratello e alla sorella di Nicoletta, e ai familiari di Renée, il marito Giuseppe e il figlio.

L’uomo venne arrestato poche ore dopo i fatti, in via Sgambati a Latina, all’interno dell’abitazione dello zio. Sotto casa infatti aveva parcheggiato l’Audi A3 con cui era fuggito dalla scena del crimine. Gli investigatori della Squadra Mobile lo arrestarono in evidente stato di shock, con ancora la pistola addosso. Nel corso del processo, celebrato con il giudizio immediato, Sodano ha rilasciato dichiarazioni spontanee, cercando di spiegare il proprio stato d’animo, prima dell’efferato delitto: “Non so se riuscirò mai a spiegare quanto dolore provo per quello che è accaduto. Quel periodo della mia vita era estremamente difficile. Avevo fatto di Desirée il centro del mio mondo, fino a perdere il controllo”. Il giovane ha ricordato, in aula nel palazzo di giustizia di Latina, di essersi tatuato il nome della ragazza sul petto e il suo volto sulla gamba nei primi mesi della relazione: “Con lei e la sua famiglia avevo ritrovato la serenità, ma allo stesso tempo mi sentivo sempre più fragile. Ho trascurato tutto il resto, compresi gli amici. Ora, per colpa mia, due persone non ci sono più”.

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