Finte rassicurazioni dall’Arabia Saudita: proseguono le impiccagioni dei minorenni
In una lettera inviata ad Amnesty International nel maggio 2023, la Commissione saudita per i diritti umani aveva dichiarato che “è stata completamente abolita l’applicazione della pena di morte sui minori per i reati ta’zir”. per i quali la pena capitale, secondo la legge islamica, non è obbligatoria e sui quali il giudice può esercitare il suo potere di discrezionalità.
Invece, a dimostrazione di quanto le autorità saudite usino fornire rassicurazioni sui diritti umani solo per tranquillizzare gli stati alleati, le impiccagioni di minorenni all’epoca del loro presunto reato sono proseguite.
Il 21 agosto è stato messo a morte Jalal Labbad, arrestato per aver preso parte nel 2011 e nel 2012 – dunque quando aveva rispettivamente 16 e 17 anni – a una serie di manifestazioni della discriminata minoranza sciita e ai funerali di suoi appartenenti uccisi dalle forze di sicurezza.
Ora potrebbe essere la volta di Abdullah al-Derazi, appartenente come Labbad alla minoranza sciita e come lui condannato a morte per la presunta partecipazione alle proteste del 2011 e 2012. Abdullah al-Derazi è stato arrestato il 27 agosto 2014 e condannato a morte dal Tribunale penale speciale il 20 febbraio 2018 per “coinvolgimento in disordini ad al-Qatif, slogan contro lo stato e provocazione di disordini”, “partecipazione a una rete terroristica … volta a destabilizzare la sicurezza interna” e “attacco contro funzionari della sicurezza con molotov”. Ha dichiarato in tribunale di essere rimasto in detenzione preventiva per tre anni, senza accesso a un avvocato e di essere stato torturato. Il tribunale non ha indagato sulle sue denunce e l’8 agosto 2022 una corte d’appello ha confermato la condanna a morte.
A rischio di esecuzione sono almeno altri tre minorenni al momento del presunto reato: Yusuf al-Manasif, Jawad Qureiris e Hassan al-Faraj.
Ora al-Derazi ha solo una possibilità: che il re dell’Arabia Saudita non ratifichi la condanna a morte. Proprio a re Salman bin Abdul Aziz al Saud Amnesty International sta inviando appelli.
L’Arabia Saudita è uno degli stati che fa registrare il maggior numero di esecuzioni al mondo. Nel 2024 sono state messe a morte 345 persone, il numero più alto mai registrato da Amnesty International in un singolo anno per questo paese. Alla fine di agosto di quest’anno erano state già almeno 231.
Negli ultimi dieci anni è stato riscontrato un allarmante ricorso alla pena contro la minoranza sciita per reati legati al “terrorismo”. Pur rappresentando solo il 10-12% della popolazione totale, gli sciiti hanno costituito circa il 42% di tutte le esecuzioni per “terrorismo” tra gennaio 2014 e giugno 2025.