La Corte europea dei diritti dell’uomo rigetta il ricorso di Cospito contro il 41-bis: “È manifestamente infondato”
La Corte europea dei diritti umani ha respinto in quanto “manifestamente infondato” il ricorso dell’anarchico Alfredo Cospito contro la sua detenzione al 41-bis. Cospito, condannato per gli attentati a un dirigente Ansaldo e a una scuola di allievi carabinieri, aveva portato avanti tra il 2022 e il 2023 un lungo sciopero della fame contro il regime di carcere duro, che aveva innescato un acceso dibattito mediatico e politico. Secondo i giudici di Strasburgo, le autorità italiane hanno fornito sufficienti prove per giustificare la decisione di sottoporlo al 41-bis, anche per quanto concerne la compatibilità delle condizioni detentive con il suo stato di salute, che – viene evidenziato – si è deteriorato proprio in seguito alla sua decisione di smettere di alimentarsi.
L’ordinanza del ministro della Giustizia che ha applicato il carcere duro, si legge nella sentenza, “dà una descrizione dettagliata e personalizzata” della pericolosità di Cospito, “basata su prove fornite da diversi organismi e agenzie statali, tra cui, tra l’altro, i precedenti penali, le sue condanne penali, il suo ruolo all’interno di associazioni sovversive e, in particolare, alcuni movimenti anarchici”. Si evidenzia, inoltre, che le comunicazioni del detenuto dal carcere avevano contribuito, alla luce delle prove a disposizione delle autorità, a identificare obiettivi e stimolare attacchi contro le istituzioni statali.
Per quanto riguarda le condizioni di salute dell’anarchico e la loro compatibilità con il 41-bis (e con la detenzione in generale), la Corte osserva che il loro deterioramento era collegato allo sciopero della fame: Cospito, informato degli effetti della mancata alimentazione, aveva rifiutato di interromperla nonostante il peggioramento del suo stato psicofisico. I giudici danno atto che, fin dall’inizio dello sciopero, il detenuto era stato monitorato quotidianamente dai medici della prigione e da medici esterni del servizio sanitario nazionale. Nel rigettare la richiesta di sospensione della pena detentiva per motivi di salute, si legge ancora, i giudici italiani si sono basati su molteplici perizie mediche, adottando decisioni ben motivate.