Caso Farfalle, Emanuela Maccarani rinviata a giudizio: in Aula le lacrime di Anna Basta e le 5 sue ex compagne schierate con l’allenatrice
Alla fine, sono arrivate le lacrime, il pianto a dirotto di Anna Basta: dopo una mattina lunga, dopo due ore riservate alle argomentazioni della difesa, il giudice si è pronunciato. Emanuela Maccarani sarà processata per maltrattamenti aggravati. La prima udienza è stata fissata il 10 febbraio 2026 alle 9 davanti al collegio 2 della Sezione penale del Tribunale di Monza.
L’ex direttrice tecnica della Nazionale di Ginnastica Ritmica si dovrà difendere dalle accuse delle sue allieve di un tempo. Una volta bambine, adesso giovani donne che reclamano giustizia.
Giornata chiave a Monza dove alle 10 è iniziato un procedimento atteso e seguito riguardo al caso delle Farfalle, che ha diviso e indignato, appassionato e sconcertato. Maccarani è arrivata nella sede del Tribunale accompagnata dai suoi due avvocati, Danila De Domenico e Luca Troyer, il volto tirato, l’espressione severa. Insieme a lei cinque delle ragazze della ritmica, le irriducibili, quelle che ne vogliono condividere il destino. Ragazze coinvolte in una vicenda più grande di loro. Alessia Maurelli, Laura Paris, Martina Santandrea, Agnese Duranti e Daniela Mogurean si alzano a una a una per consegnare nelle mani del giudice per l’udienza preliminare Silvia Pansini un foglietto dattiloscritto per dire che non si sentono parti offese e che la loro allenatrice non la abbandoneranno. Difficile dire quanto sia farina del loro sacco e quanto abbiano influito aspirazioni e sogni, la volontà di avere ancora un futuro e un ruolo nel mondo sportivo.
Anna Basta e Nina Corradini quel mondo lo hanno lasciato, prendendosi la libertà di contestarlo senza vincoli e lacci, cogliendone gli aspetti tossici trasformati in quotidiana normalità. La tensione si avverte negli sguardi, nell’evitarsi accuratamente, nella distanza. La prima battaglia procedurale riguarda l’ammissione delle parti civili: Anna Basta, Nina Corradini, Beatrice Tornatore, Francesca Mayer e l’associazione ChangeTheGame. Tutte ammesse. Poi si entra nel merito delle accuse nel tentativo della difesa di evitare il processo. Una dissertazione a due voci per dire che si tratta di bugie, che manca la continuità che sostiene il reato di maltrattamento, che alla fine sono logiche legate all’agonismo.
L’avvocato Troyer parla per circa un’ora e mezza citando persino il libro del tennista statunitense Andre Agassi per sostenere che – è vero – il padre lo ha sottoposto ad allenamenti brutali ma ne ha fatto un campione straordinario. E il campione che è diventato lo ringrazia di quella severità al confine con l’abuso. L’avvocato, citando il giurista Tullio Padovani, sottolinea la consensualità che legittimerebbe l’operato della sua assistita. Ma il consenso dato da un minore è sempre dubbio e spesso nullo davanti alla legge. La violenza nello sport è normalizzata e per questo difficile da riconoscere e denunciare. I bambini e i minori in generale non riescono a mettere in discussione l’autorità degli adulti, soprattutto quando sono lontani da casa. La voglia di compiacere una figura di riferimento come l’allenatore prevale sul dolore, sul disagio, sulla ferita inferta alla propria autostima.
L’avvocato di Maccarani racconta come anche lui si pesi tutti i giorni, nulla di strano in questo, o nel farlo senza vestiti, che è anche meglio. Eppure, l’immagine data da Nina Corradini, la fila indiana, il rito della pesata in mutande, l’ansia che accompagnava tale rito non hanno niente a che fare con la minimizzazione fatta in aula. “Pesano le ginnaste ogni mattina – scriveva Nina Corradini – in mutande in fila indiana, segnando i pesi su un quadernino, e umiliando chi ingrassava da un giorno all’altro. Spesso continuavano tutto il giorno a fare battute, davanti a tutti, dicendo cose come ‘sei una palla‘ o ‘ti sei vista allo specchio?’ e queste erano le meno brutali. Ero talmente disperata di dover digiunare (ero nel periodo dello sviluppo) per pesare come il giorno prima che avevo smesso di far colazione, cenare e stavo attenta anche a quanta acqua bevevo, per paura che potesse aumentarmi il peso segnato sulla bilancia. Ad un certo punto ero stremata a causa delle 9 ore di allenamento giornaliere e l’alimentazione inesistente che ho iniziato ad assumere i lassativi. Ho sviluppato una vera e propria dipendenza, per la quale il mio intestino non funzionava più senza, ed ero totalmente disidratata”.
I pubblici ministeri non replicano alla difesa, una breve pausa e poi la decisione: il processo si farà. Per la Maccarani sarà l’opportunità di dimostrare la sua verità. “Finalmente – afferma – inizia il dibattimento e finalmente avrò la possibilità di dimostrare le mie ragioni”. Anna Basta resta in Aula, non si allontana mai, ascolta. A una fila di distanza le compagne di un tempo, quelle che si sono schierate dalla parte opposta. Nessun risentimento, neanche sorpresa. “Gli ultimi tre anni – dice Anna – sono stati duri, difficili, complessi. Ma non mi sono mai tirata indietro e non intendo farlo”. Oggi il primo passo per riscrivere una storia di coperture e insabbiamenti è stato fatto. Assente la Federazione ginnastica, un’assenza che pesa e che dice molto sulla continuità tra passato e presente, a conferma delle regole non scritte del sistema sport: chi vuole restare deve adeguarsi.