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Mostra la bandiera della pace con la scritta Free Gaza: “Presenza non gradita”

Nicoletta Raggi aveva preso parte all'inaugurazione di una scuola ricostruita dopo il terremoto nel Maceratese. Racconta che le è stato chiesto di mettersi in disparte dalla forze dell'ordine
Mostra la bandiera della pace con la scritta Free Gaza: “Presenza non gradita”
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Porta la bandiera della pace con scritto “Free Gaza” all’inaugurazione della scuola e viene tenuta in disparte. Come riporta il Resto del Carlino, una giovane marchigiana, Nicoletta Raggi, ha voluto mandare un messaggio per la pace in Palestina durante la cerimonia d’apertura dell’istituto tecnico tecnologico Divini a San Severino, nel Maceratese. Un gesto pacifico e silenzioso che, seconda la testimonianza della ragazza stessa, non è però piaciuto agli organizzatori. L’Itts è stato inaugurato il 13 settembre, dopo la conclusione della ricostruzione nove anni dopo il terremoto in Centro Italia.

Nicoletta Raggi racconta sui suoi canali social che la sua “presenza non è stata gradita dagli organizzatori” dell’evento, a cui hanno preso parte anche la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti e Guido Castelli, il commissario straordinario alla ricostruzione post-sisma del 2016. “A dirmi di stare in disparte, gentilissimi, ma colmi di imbarazzo e scuse – racconta su un post Instagram Raggi – sono stati i carabinieri. Da cittadina ero felice di partecipare, nonostante fossi reduce da un turno di notte, senza passare da casa per cambiarmi”, scrive la giovane.

Sono arrivati messaggi di solidarietà verso la giovane da parte del gruppo locale San Severino Futura, con i consiglieri Francesco Borioni e Alessandra Aronne: “Eravamo presenti alla cerimonia e non ci siamo accorti dell’accaduto altrimenti avremmo tenuto anche noi, con lei, un pezzo di bandiera – spiegano i due esponenti politici del territorio –. Abbiamo letto sui social e siamo orgogliosi dei giovani settempedani che hanno il coraggio di mostrare le loro idee, di esprimere e manifestare il loro ‘rimanere umani’, sanno riconoscere un genocidio, e manifestano pacificamente nei luoghi che possono rendere visibili gli appelli. La storia darà loro il giusto riconoscimento. Peccato perché è quello che dovremmo fare tutti noi oggi”.

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