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In centinaia sull’Everest, anche i turisti più ricchi al mondo: meglio non commentare

Al campo base, a 5378 metri, vivono, nel periodo delle ascensioni, oltre duemila persone
In centinaia sull’Everest, anche i turisti più ricchi al mondo: meglio non commentare
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Era l’8 maggio 1978 quando Reinhold Messner e Peter Habeler compirono l’impresa di scalare l’Everest senza ossigeno. Io ero a Milano quando Messner fece la sua prima apparizione pubblica e gli chiesi, ammirato, l’autografo. Allora scalare l’Everest, comunque con l’ossigeno, era roba da poche persone l’anno.

Molta acqua è passata sotto i ponti e già 19 anni dopo Jon Krakauer denunciava nel suo drammatico Aria sottile la follia di persone che ambivano a salire l’Everest senza aver mai calzato prima i ramponi. E allora già veniva offerta la Coca Cola nei posti tappa a chi risaliva la Valle del Khumbu. Passò altra acqua e Simone Moro denunciò la fila delle persone che nella primavera nepalese (dal versante tibetano poche sono le spedizioni) ambiva a salire in vetta.

Passa altra acqua e veniamo all’oggi, quando una troupe della Rsi (Radiotelevisione Svizzera Italiana) si reca al campo base dell’Everest per girare un breve documentario/inchiesta su cos’è oggi il campo base e da chi è frequentato. Veniamo così a sapere che nella primavera nepalese sono svariate centinaia le persone che salgono sul tetto del mondo. Al 14 giugno scorso erano 722. Veniamo a sapere che al campo base, a 5378 metri, vivono, nel periodo delle ascensioni, oltre duemila persone, considerati i turisti (non sono alpinisti, come giustamente viene sottolineato alla fine dalla guida nepalese), le guide, i portatori, il personale delle agenzie turistiche, i cuochi e quanti altri.

Già, anche i cuochi, perché chi ha più soldi potrà permettersi di alloggiare nell’accampamento allestito da un’agenzia locale: tende standard a 45mila dollari, tende vip a partire da 85mila dollari fino a 450mila dollari a seconda dei servizi richiesti. Con sala da pranzo per clienti vip munita di televisione. Terminata la fase di acclimatamento, questi clienti scendono a Katmandu in un hotel a cinque stelle (vi ricordate “Katmandu” di Cat Stevens? beh, scordatevela), da dove poi ritornano per la vera e propria scalata.

Come vi ritornano? Non certamente a piedi visto che ci vogliono otto giorni, bensì in elicottero, in dieci minuti. Uno degli intervistati dice che però è ancora troppo lungo il periodo necessario per salire la montagna, e che in futuro si accorceranno ancora i tempi. E infatti, navigando in rete, si viene a sapere che a maggio una spedizione britannica ha salito l’Everest in cinque giorni. E come ci è riuscita? Facendo l’acclimatamento in pianura in una tenda ipobarica per la modica cifra di 100mila euro e salendo poi la cima utilizzando non il banale ossigeno bensì lo xenon, un gas nobile abitualmente utilizzato in medicina come anestetico.

Curiosità: la persona più giovane ad aver scalato l’Everest è stato l’americano Jordan Romero, all’età di 13 anni, nel 2010. Il più anziano è stato il giapponese Yuichiro Miura, che ha raggiunto la vetta nel 2013 all’età di 80 anni. No comment. Meglio.

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