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Morte di Davide Astori, la Cassazione sul medico Galanti: “Decesso evitato se avesse prescritto gli esami necessari”

L’aritmia "osservata nel 2014 e poi ancora nel 2016 e nel 2017.... doveva indurre, in base ad una buona pratica clinico-assistenziale... a sottoporre l’atleta ad indagine cardiologiche più approfondite"
Morte di Davide Astori, la Cassazione sul medico Galanti: “Decesso evitato se avesse prescritto gli esami necessari”
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Lo scorso giugno c’era stata una condanna per falso ideologico nel processo per la presunta falsificazione di un certificato medico rilasciato al calciatore, avvenuta nel 2018 mentre il calciatore della Fiorentina si trovava in un albergo di Udine in ritiro. Oggi invece sono state depositate le motivazioni della condanna a 1 anno per Giorgio Galanti, già direttore di Medicina dello Sport dell’ospedale di Careggi di Firenze per l’accusa di omicidio colposo. Astori fu trovato deceduto per le conseguenze di una fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena mai diagnosticata. “Il decesso di Davide Astori sarebbe stato evitato o, quantomeno, posticipato ad epoca significativamente posteriore” se il professor Galanti “avesse prescritto gli esami necessari, consentendo una diagnosi corretta della patologia” scrivono i giudici della Cassazione.

L’aritmia “osservata nel 2014 e poi ancora nel 2016 e nel 2017, in un atleta professionista sottoposto quotidianamente a sforzi fisici intensi (tra sedute di allenamento e partite disputate) – si legge nella sentenza – doveva indurre, in base ad una buona pratica clinico-assistenziale, pur in assenza di familiarità e di sintomaticità, a sottoporre l’atleta ad indagine cardiologiche più approfondite (Holter nelle 24 ore, secondo il concorde parere degli esperti, e risonanza magnetica cardiaca) per escludere la natura patologica associata a cardiopatia della predetta extrasistolia”.

Il professore ha rilasciato due distinti certificati, non prescrivendo ulteriori accertamenti, “ritenendoli superflui”. Si è così “discostato dalle linee guida vigenti all’epoca, omettendo di prescrivere esami diagnostici fondamentali per la sicurezza del paziente”. Per i giudici della Quarta sezione della Suprema Corte “l’omissione, reiterata in due distinte occasioni, ha impedito la diagnosi di una patologia potenzialmente letale in un giovane atleta professionista, con le conseguenze drammatiche che ne sono derivate”.

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