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Altro che esodo dei ricchi stranieri dalla Gran Bretagna: i dati smentiscono la narrazione contraria all’aumento delle tasse

Le prime evidenze dicono che il numero di partenze è stato pari o inferiore alle stime iniziali. Nei mesi scorsi Tax Justice Network aveva ricostruito come gli allarmi sulla "fuga" fossero basati su rapporti prodotti da soggetti in evidente conflitto di interessi
Altro che esodo dei ricchi stranieri dalla Gran Bretagna: i dati smentiscono la narrazione contraria all’aumento delle tasse
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Altro che fuga di massa dei ricchi stranieri dal Regno Unito per sfuggire all’aumento delle tasse. I numeri smentiscono che la stretta fiscale introdotta l’anno scorso dal governo di Keir Starmer – ma decisa durante il mandato del conservatore Rishi Sunak – abbia provocato un esodo di milionari residenti a Londra e dintorni in favore di destinazioni come Dubai o Milano. L’omologo inglese dell’Agenzia delle Entrate, analizzando i primi dati sulle comunicazioni mensili delle imprese sui redditi da lavoro e pensione, ha trovato che il numero di persone che hanno lasciato il Paese è in linea con le prime stime dell’Office for Budget Responsibility, o addirittura inferiore.

Il quadro descritto nei giorni scorsi dal Financial Times, che cita fonti a conoscenza dei dati provvisori relativi ai primi 120 giorni dell’anno fiscale, non è ancora completo visto che non comprende gli stranieri senza redditi da lavoro nel Regno Unito. Ma è sufficiente per smentire gli (interessati) resoconti catastrofici circolati negli scorsi mesi, secondo cui la riforma che ha abolito lo status di “residente non-domiciliato” – imponendo di pagare le tasse anche su redditi e plusvalenze esteri – e introdotto un sistema più severo di tassazione delle successioni avrebbe spinto un’ondata di contribuenti facoltosi a trasferirsi altrove.

L’agenzia indipendente che fornisce stime e analisi sulla finanza pubblica aveva stimato che un quarto dei non-dom titolari di trust e circa un decimo di quelli senza trust avrebbero abbandonato la residenza fiscale britannica: stime che oggi sembrano confermate. Come la previsione di un incasso di oltre 4 miliardi di sterline nel 2026-27 e quasi 6 miliardi l’anno successivo grazie alla riforma: risorse preziose per la ministra delle Finanze Rachel Reeves che dovrà mettere a punto il prossimo bilancio facendo i conti con un “buco” di almeno 20 miliardi.

Nei mesi scorsi Tax Justice Network, organizzazione che da anni analizza evasione ed elusione fiscale, aveva a sua volta smentito le ricostruzioni mediatiche sull’esodo evidenziando come fossero quasi tutte basate su rapporti prodotti da soggetti in evidente conflitto di interessi. Come Henley & Partners, che aiuta i super ricchi a procurarsi “passaporti d’oro” e fornisce consulenza ai governi che offrono cittadinanza in cambio di denaro.

Il caso è emblematico: il report Henley del 2024, rilanciato da quasi 11mila articoli su giornali, tv e siti, parlava di 16.500 milionari in fuga dal Regno Unito. Una cifra del tutto fuorviante secondo Tjn, che a giugno stimava in solo 9.500 su oltre 3 milioni i milionari che avevano effettivamente cambiato residenza (lo 0,3%). Henley & Partners ha peraltro costruito il suo rapporto non su dati sulla residenza fiscale effettiva, ma su informazioni tratte da profili social come LinkedIn. E ha adottato una definizione di “milionario” più ristretta di quella standard, includendo solo chi dispone di almeno un milione di dollari in liquidità.

I dati ufficiali e le analisi indipendenti ora convergono: l’abolizione dello status non-dom e l’aumento del prelievo sui più ricchi non hanno prodotto una precipitosa fuga di grandi patrimoni. Che sono molto meno mobili di quanto sostenuto da campagne interessate a ostacolare ogni tentativo di rendere il sistema fiscale più equo e progressivo.

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